venerdì 31 agosto 2012

a month is raining

Il post del primo mese passato in Australia. Davvero? Wow…
Tutto d’un tratto oggi me ne sono reso conto.
Ritornando a fare visita alle amiche dell’agenzia dei backpackers in Woolloomooloo per ritirare la posta e per fissare la mia partenza per la farm tra due settimane, Sydney stava usando il massimo dei suoi poteri di magia illusoria. E’ veramente difficile figure out  di essere così lontani da casa. A volte sembra che il treno che prendi per andare a lavorare debba fare capolinea per forza  a Milano o non così lontano da essa. E soprattutto oggi, quando invece di far arrivare la primavera, il tempo sembra tornare indietro alle mie fini d’estate di Agosto in montagna. Pioggia, vento e un pizzico di malinconia.
Mentre finivo di pagare il corso di addestramento alla farm di metà settembre, di fianco a me, sentivo parlare con l’altra assistente un ragazzo palesemente italiano. Si può riconoscere facilmente in mezzo alla miriade d’accenti che incontri per la città, il maccheronic english italiano.
Appena arrivato da Bergamo, mi sono sorpreso di essere abbastanza esperto ormai della città quando mi ha chiesto di dargli qualche dritta su come trovare una casa e un lavoro. Lì ho realizzato in un secondo: da quanto sono qui?!
Il nome, però, era forse l’unica cosa che avevano in comune. Lui è qui con la sua ragazza.  Come lo sono i ragazzi che lavorano alla Vineria e come molti altri. Vedendoli, con un sorriso un po’ amaro, penso sempre che per loro è molto più facile.
Ed effettivamente lo è se penso alla mia casa dei cuori infranti che ha come capitano ovviamente me e Audry, la bionda francesina venuta in Australia per dimenticare il suo ex-ragazzo, ma che ha ottimi rappresentanti anche nel mio compagno di stanza e Maria, entrambi tedeschi, ed entrambi con i rispettivi fidanzati/e al di là dell’oceano, e nel fiorentino Marco che non ho ben capito, ma deve aver avuto una qualche delusione d’amore qui a Sydney o in giro per l’outback.
L’unica che si salva è Rina, la ragazza cinese, o almeno non sono molto ben informato sull’argomento per il momento, nonostante si passi molto tempo tutti quanti insieme a parlare delle proprie sventure.
Qui è come una seconda casa. Un posto dove ogni sera sono felice di tornare, di sedermi sul divano, di parlare, ridere, di liberare la mente da ogni problema.
E di problemi ce ne sono parecchi. Come ho già detto qui l’imprevedibilità è all’ordine del giorno e così se Venerdì scorso ho scritto un post in cui raccontavo di 3 lavori, oggi dopo una settimana di quei lavori non è più manco uno.
Mi spiego. La vendita dei contratti sta settimana è stata assolutamente fallimentare per me. Non so se è sfortuna o pura incapacità, ma siamo a ben quota zero.  Settimana prossima tutto l’ufficio è in viaggio in giro per l’Australia, qualcuno in Tasmania, qualcuno a PortMacquarie qui in NSW, ma siccome non me la sentivo di enjoy the roadtrip, soprattutto perché non ho molti soldi per mantenermi per il momento, sarò ufficialmente disoccupato. Il bar super trendy nella zona Gay, dopo avermi chiamato Domenica dicendo di andare lì a lavorare, mi ha richiamato dopo un’ora dicendo di non andare più perché dovevano “rivedere la scaletta dei turni e che mi avrebbero richiamato in settimana”. Alla Vineria del signor Enzo, invece, stasera non c’erano molte prenotazioni, quindi non c’era bisogno di me.
Ma anyway meno male che ci sono i miei compagni di casa che mi vengono a svegliare dalla meritata pennichella delle sei di pomeriggio riempiendo le mie orecchie dei muggiti del digeridoo.
E meno male che a volte si incontrano persone durante il lavoro, che si fermano a parlare e ti riempiono di storie incredibili che senza volerlo ti fanno vedere la soluzione più facile per tirarti su il morale, come il sarto italiano settantenne di Penright  e la sua morale banale quanto vera “per essere ricchi bisogna essere poveri”. Sempre meglio di quella del siciliano di Catania che ogni volta che aveva dei problemi con qualcuno gli puntava un coltello nella pancia. Detto così è fuorviante, ma in realtà parlando di mafia, anche lui aveva un insegnamento da dare: “se non hai paura, loro non ti toccano. Se hai paura, te ne fanno di tutti i colori”.
Ma anche in fase di consigli sulla vita a casa sia molto forniti. C’è un detto cinese infatti sul viaggio che dice più o meno così:

“Ci sono due cose da sapere sul viaggio. La prima è che quando qualcuno non trova le risposte che cerca a casa sua, le troverà viaggiando. La seconda è che qualunque errore commetterai durante il tuo viaggio, fa parte del tuo viaggio e della ricerca di quelle risposte.”

Ma tra una cosa e quell’altra eccoci qua sul divano. Tre uomini disperati in casa a guardare Le ragazze del Coyote Ugly,  passando il Venerdì sera a lottare con un lettore DVD ormai andato, troppo stanchi per uscire, troppo poveri per andare a spendere soldi in un locale, troppo sentimentalmente soli per non riuscire a staccare gli occhi di dosso allo schermo.

Stasera in Italia dovrebbe vedersi la Luna Blu, comunque. Qui è ancora tutto coperto, quindi non posso dare alcuna anticipazione per il momento. Una volta a Milano però mi ricordo di aver visto la luna rossa in un posto speciale con una persona che era davvero speciale, e che probabilmente non leggerà mai questo blog.
Non so in effetti quanti in realtà lo stiano leggendo, a quanti interessa o interesserà quello che ho scritto e scriverò.
Ho una lista molto lunga di persone nella mia testa a cui penso mentre scrivo queste righe, una lista molto lunga che mi accompagna tutti i giorni e che anche senza lavoro e senza piani definiti per il futuro mi dà la forza per cercare di trasformare ogni giorno, anche banale, in una avventura.

lunedì 27 agosto 2012

il triste venditore di sorrisi 27.08.2012

Ci sono delle cose nella vita che si fanno per passione. Per esempio alzarsi alle 2 di notte e restare sveglio fino alle 4 per vedere dall'altra parte dell'oceano la tua squadra del cuore perdere malamente una partita giocata malissimo, e poi alzarsi la mattina dopo troppo stanco per affrontare una giornata.

Ci sono cose per cui non ti aspettavi di appassionare, ma che finiscono per coinvolgerti troppo emotivamente.  All'arrivo in ufficio stamattina ho scoperto che dovevo lavorare per un'altra charity e che avrei dovuto abbandonare il disperato salvataggio delle tartarughe di queste prime due settimane ( cosa a cui, a dire la verità, mi stavo anche affezionando).
Canteen è una associazione benefica per i teenager dai 12 ai 24 anni affetti da tumore. Il suo obiettivo è quello di organizzare dei campi-gioco per questi ragazzi per farli uscire dagli ospedali e per farli sorridere un po' e per aiutarli ad affrontare questa loro dura esperienza di vita.
Mi sentivo davvero carico e pensavo che oggi avrei spaccato il mondo, anche perché andavo finalmente a lavorare per qualcosa di cui dentro di me sentivo l'importanza... e invece è esattamente difficile come vendere sottoscrizioni per salvare le tartarughe. Incredibile, ma anche oggi non ci siamo guadagnati la pagnotta.
Ma non è questo che realmente mi disturba. Un uomo oggi non si è voluto fermare e a tirato dritto dicendo poche parole che mi hanno fatto pensare. Il fatto che la cosa più importante di una sottoscrizione non è chi fai sorridere, ma che sorridi tu stesso. Sei lì fermo e cerchi di fermare tutte le persone che vedi perché devi "vendere", perché ci devi "mangiare". Sei lì in mezzo a passanti che cambiano direzione, che iniziano a correre appena ti vedono, che ti guardano come fossi il diavolo, e quello che devi fare è pensare ai bonus, all'affitto, alla chitarra che vorresti comprare. Per fortuna qualcuno si ferma, qualche mamma, ma tutti vogliono dare qualche centesimo e una donazione una tantum, ma nessuno si fida a sottoscrivere un accordo su base mensile, anche se sono 5 dollari a settimana (e qui un biglietto dell'autobus costa 3.50 $ e 6 bottiglie di coca-cola 15$).
E poi si ferma il signore Neozelandese con il cancro all'intestino, lì davanti a te.  Forse è così che il mondo funziona, ed è così che deve funzionare. Forse è vero che più di tutto noi con il nostro lavoro facciamo davvero del bene. Infondo ogni charity che si rivolge a venditori face2face, per ogni dollaro speso ne guadagna in media dai 4 ai 7... Non lo so. L'anima del venditore è qualcosa sospesa su un filo sottilissimo tra il fare e il farsi del bene. Forse non c'è neanche da pensarci, forse è semplicemente un buon compromesso possibile. Forse non è un filo, ma un muretto, o qualcosa di un po' più spesso. Forse. Ma oggi continuavo a sentire un certo fastidio dentro di me, e ancora adesso non sono riuscito a debellare del tutto.

Anyway è iniziato il countdown. Tra 20 giorni esatti si lascia la città alla volta della campagna. Certo, però, mi sorprende un po' questa sensazione di felicità di fare il conteggio dei giorni per andare via da una città che sembrava essere così perfetta...

venerdì 24 agosto 2012

Crazy Friday

L'ultimo bus del Venerdì sera per Leichhardt è quello delle 03.26 am. Prenderlo è d'obbligo se non si vuole passare la notte fuori. A parte la solita donna ubriaca che crede di aver preso l'autobus della mezzanotte e un quarto, è tranquillo, nonostante ci siano una quindicina di persone. Il che mi permette di rilassarmi finalmente un attimo e riscrivere nei quindici minuti che mi separano da casa tutta una lunghissima giornata...

Come ogni mattina la sveglia delle 06.45 è stata puntualmente violentata da un cazzottone dritto sulla tastiera, che però non è servito a farla tacere tanto a lungo, dato che 5 minuti dopo ero già in cucina che facevo colazione.
L'arrivo in ufficio è abbastanza traumatico: prima scoperta della giornata è che sono stato arruolato per un day trip a Wollongong, che dev'essere una città denominata dallo stesso idiota di Woolloomooloo.
Viaggio in macchina di un'ora e mezza e solito banchettino vendita pro-tartarughe piazzato all'entrata di un supermercato, accompagnato da mio group leader nonché venditore eccezionale Antonio Grillo, inglese, ma di chiare origini italiane ( "nonno calabrese"), la cui tattica preferita per vendere sottoscrizioni è quella di dire di essere italiano e sparare a random qualche parola qua e là, tra cui "Micione" quando passa una bella ragazza (e a dire il vero in questo caso la media è di 1 al minuto).
Per la cronaca: partenza da Sydney alle 08.15 arrivo alle 10, orario ritorno 17.30 alle 19.30.
Questa settimana alla fine sono riuscito a salvare 5 tartarughe ( 8 totali), grande risultato per me, messo un po' in ombra dal fatto che Antonio ne ha salvate 12 di cui 5 solo oggi, ma era oggi era anche l'anniversario del suo settimo mese di vendite.

Così dopo aver pennicato alla grande sulla via del ritorno, appena messo piede a George Street, sono schizzato sull'autobus per Leichhardt, direzione Marion St. alla Vineria di Enzo, piena come un uovo. Clienti imboscati in ogni buco, piatti di qua, sparecchia di là, vini di su, tap water di giù, tra comande giuste e comande sbagliate, scleri generali e riappacificazione, a furia di fare le scale del ristorante a correre di qua e di là, arrivarono le 11.20 p.m.

La giornata poteva essere tranquillamente finita se non che Giovedì mattina ho ricevuto la chiamata di un posto di nome Pastizzi dove avevo lasciato il curriculum la prima settimana.
Non sapendo dire di no, ed essendo che due lavori non mi bastavano, un po' perché non ci guadagno ancora un granché, un po' perché come al solito se non faccio mille cose, non sono io, sono andato Giovedì sera a fare una prova e mi hanno confermato per questa sera da mezzanotte alle 3 a.m.
In realtà dovevo cominciare alle 11, ma la Vineria era così piena che ho chiamato dicendo che un mio amico si era ubriacato marcio e che dovevo stargli dietro per vedere se c'era da chiamare l'ambulanza o meno.

By the way dopo almeno 13 ore dritto sui miei piedi, eccomi al 129 di oxford Street, nella zona stra "gaia" di Sydney, a vendere questi involtini di pasta frolla con dentro di tutto, chiamati, appunto Pastizzi.
Venerdì qui è chiamato Crazy Friday, e ci si mette davvero poco a capire il perché: basta guardare l'uomo che va in giro a petto nudo con 10 gradi pitturato di verde con al faccia da Hulk, o la coppia omosessuale trans-razziale che entra in negozio ballando sulle note di It's raining man, urlando e iniziando a ballare "Pastizzi man, Hallelujah...".
Il meglio però è raggiunto qualche minuto più tardi, quando gli stessi due, iniziano a cantare insieme all'angelica Kate Perry "I kissed a girl, just to try it, I hope my boy-friend don't mind it..."

Prima di iniziare questa giornata pensavo di tornare a casa morto, depresso, frustrato, etc... invece adesso sono qui in salotto alle 04:20 che non vedevo l'ora di scrivere l'avventura di questo giorno e di quanto mi sia divertito e di quanto sia stato un giorno fantastico.
Probabilmente tutto ciò è causato dal primo piccolo disastro dell'inizia a vivere da solo: la pasta con 450 grammi di fagioli di Lunedì sera. Ho ancora così tanto gas nell'intestino, che penso si sia immagazzinato un po' anche nel cervello, perché non aveva abbastanza spazio per fuoriuscire laggiùdovenonbatteilsole.

Ora però è meglio che schizzo subito a letto. Domani non si lavora fino alle 6 di sera, poi chissà quando potrò riabbracciare ancora il mio caro e amato cuscino...

lunedì 20 agosto 2012

Roomsharing 20.8.2012

Ed eccomi qui. In un nuovo salotto, una nuova casa, una nuova camera.
Dopo aver chiuso a fatica la mia valigia piena di vestiti spiegazzati, (tra poco ne rispedisco qualcuno in Italia), sono uscito dalla casa di Rozelle, ultimo sprazzo di ambiente familiare, e mi sono messo in strada con uno zaino, una borsa a tracolla e altre tre buste piene di fogli, coperte, cibo. Come le lumache, mi sto portando la casa dietro.
E' la prima volta che vivo in una casa condivisa da soli ragazzi, ma inevitabilmente mi fa pensare a divani, tavoli, letti e playstations che ho conosciuto negli ultimi tre anni.
Il mio compagno di stanza è un simpaticissimo ragazzo tedesco più o meno della mia età, qui in Australia per un tirocinio della sua facoltà universitaria di giornalismo. Per ora regna davvero al pace. Su otto posti letto, solo quattro sono occupati, due maschi e due femmine, ma da quello che ho capito Giovedì arriverà un'altra ragazza francese e Sabato un italian mate.

Il problema di questo posto è che tutto costa, costa, costa. L'affitto è di 200 dollari a settimana, è non è sicuramente dei più cari qua in giro, ma le case a meno erano decisamente dei posti sovraffollati a dominanza asiatica, dove in stanze piccolissime vivevano 4-5 persone. Avrei accettato volentieri di andare a vivere nella living room a 120 dollari al mese, ma si vede che il Ministero degli Esteri deve ancora fare un lungo lavoro di relazioni internazionali con i cari e vecchi amici asiatici.

Così eccomi qui, strafelice della nuova casa e strapreoccupato per il lavoro. Nonostante io abbia salvato la bellezza di 3 tartarughe, Sydney è invasa da ragazzi che si occupano di foundraising per le charities. La gente raramente si ferma ad ascoltarti, ha sempre fretta, e gran parte delle persone che sarebbero interessate hanno già sottoscritto contratti per donare soldi ad altre associazioni. Ed essendo un lavoro pagato a contratto, le cose si mettono un po' male, anche perché per tutti gli sforzi che si possano fare, alzarsi alle sei e mezza di mattina per stare in piedi davanti ad uno stand per 8 ore e tornare a casa avendo guadagnato zero, non è simpatico.

Esattamente l'opposto il lavoro da cameriere, dove le persone quando si siedono non se ne vogliono andare più. Sabato a pranzo, alle 15.45 del pomeriggio, abbiamo dovuto accendere l'aspirapolvere e iniziare a pulire sotto le loro sedie per fargli capire che il locale era già chiuso da un pezzo!

Ma alla fine qui è come mi ha detto Michele, il cameriere napoletano che mi sta facendo da tutor in questo mio lavoro/apprendistato alla Vineria: "Qui non sembra di essere dall'altra parte del mondo. Noi lo percepiamo poco. Chi è in Italia lo sente. Ma tu stando qui... sembra di essere vicino casa."

Forse è per questo che, nonostante sia una bellissima città, Sydney inizia a starmi un po' stretta.
E tra un mesetto già si profila una nuova meta...


mercoledì 15 agosto 2012

the italian job 15.08.2012

Un po' di ferragosto è arrivato anche qui in Australia, dove nonostante anche il centro di cultura italiana lavori a tempo pieno, il tempo si è ricordato della patria lontana e ha concesso già un primo assaggio di primavera con una bella giornata tiepida.

Lasciando perdere le solite conversazioni sul tempo, sfruttando il mio day-off dal lavoro, stamattina ho accompagnato la zia Angela alla Catholic school di Hunter Hills, a un quarto d'ora di distanza da Rozelle, per vedere un po' come funziona il mondo scolastico australiano e presentarmi al preside della scuola, nel caso la Grande Casa Madre del CEO, che coordina l'insegnamento in tutte le scuole cattoliche, decida in un futuro ignotamente remoto di accettare la mia domanda come teacher di italiano, storia, geografia, e qualunque altra cosa io possa insegnare.

Era il giorno della simulazione d'esame per il test finale di italiano della classe dell'ultimo anno di superiori, year twelve, che qui cade un anno prima rispetto all'Italia. Le scuole private qui sono divise in college esclusivamente femminili ed esclusivamente maschili. 
Così, come mi è capitato spesso negli ultimi tre anni, sono capitato in mezzo ad una mandria di donne.
Ma a parte la stranezza di dover insegnare a ventidue anni a delle diciottenni, la cosa che mi ha colpito veramente è come queste ragazze sapessero parlare benissimo italiano, nonostante non avessero nessuno a casa con cui fossero abituate a parlare. Paragonato al modo e al livello di seconda (in questo caso terza) lingua con cui noi italiani, di solito, usciamo da un normale liceo, c'è un abisso troppo netto, di cui un po' mi vergogno a parlare.
La scuola è organizzata in maniera totalmente differente. Ci sono cose che sono incredibili, come ad esempio il fatto che tutti gli allievi hanno un MacBook e l'accesso a internet, con cui studiano, scrivono, prendono appunti, e raramente toccano una penna. Non hanno una aula fissa, ma all'interno dell'istituto c'è una fornitissima biblioteca, e una tv e un proiettore per aula. 
Ci sono altre cose, però, che sono proprio dall'altra parte del mondo, come il primo period di lezione che inizia alle 08.45 e finisce alle 10.04 per poi avere subito un intervallo che finisce alle 10.19. e altri orari imprevedibili e imponderabili da una mente normale.

Come imponderabile era il fatto di ricevere una chiamata ieri per una prova in una vineria come runner, ovvero il cameriere addetto ad apparecchiare, sparecchiare e portare i piatti, senza prendere le comande.
Ringraziando la cara vecchia Sagra della Patata di Oreno, di cui tutti si ricordano la mia leggendaria maglietta gialla, che mi ha permesso di imparare gli elemento base della enologia, come il fatto che il Pinot sia un vino bianco e il Merlot sia rosso, ho ottenuto un lavoro per le sere di Friday e Saturday, ma soprattuto ho finalmente imparato la prestigiosa tecnica per portare quattro piatti in una volta. Una magia arcana destinata a ben pochi iniziati che, come al solito, si è trasformata in cinque secondi in un giochetto da ragazzi, che può fare chiunque abbia almeno tre dita in una mano.

Però fa sempre fare bella figura. Almeno in un futuro, quando cercherò un lavoro come cameriere, potrò far vedere di avere un minimo di nozioni. Non come l'ultima volta quando sono andato alla ricerca disperata di un lavoro come barista e ho montato il latte per il cappuccino come un unico ammasso deforme di bolle.

Ma questa è un'altra storia...

martedì 14 agosto 2012

SAVE THE TURTLES! 14.8.2012

Incredibile, ma vero, oggi sono entrato nel grande circolo dei venditori!
Dopo due giorni faticosissimi, in piedi davanti allo stand del WWF, in un supermercato della periferia di Sydney, alle ore 16.20 Gabriele Masi salva la sua prima tartaruga!
E già non ci speravo più. Il lavoro del venditore, soprattuto di sottoscrizioni per una charity, è veramente un impresa titanica. Tutto il giorno si cerca di fermare le persone che passano in hurry, busied or not interested, inventandosi i modi più disparati e le frasi più originali.
Al rituale Hi, how is it going? seguono are you animal lover? o Do you think that we look similar? (con la foto dell'orango-tango di fianco alla propria faccia), What's your background? o Hey lady in Red, what's your favorite animal? che scritte così, ora, mi accorgo che non sono tanto originali le frasi, ma i modi di dirle e di attire l'attenzione.
Ho provato a convincere la mia collega aussie J., vestita con tacchi chilometrici, calze a rete, gonna corta e camicetta modello "guardachedavanzale" a improvvisare una lapdance sul tavolo, in mezzo ai pupazzetti, ma si è giustamente rifiutata dopo che un ragazzo, dopo averla fatto parlare dieci minuti del progetto mostrandosi interessatissimo, invece di firmare il modulo per la donazione, le ha chiesto il numero di telefono. Comunque nonostante il famoso e internazionale "boobs power" lei è in vantaggio solo di una sottoscrizione e il fatto di essere madrelingua in un mestiere fatto tantissimo di parole è un altro grandissimo vantaggio. Per me, per quanto sia difficile, è comunque un corso d'inglese gratuito.
Ma per dare una idea migliore, questa è la nostra low of average:

Stops: 30
pitches: 10
closes: 7
contracts: 1/2

Oggi però, per esempio, ho fermato 20 persone, in 8 ore, dopo aver chiesto a 200. Anche perché sono elegible per il programma solo le persone tra i 25 e i 60, un campo quindi molto ristretto della gente che visita i centri commerciali durante il giorno nei giorni feriali.

Intanto continua la ricerca della casa perduta, in quanto mia zia e le mie cuginette a fine Agosto stanno per tornare in Italia e devono vendere i mobili, tra cui il lettino su cui ho dormito in questi primi 13 giorni australiani. Trovare un letto a Sydney in camera con altre tre persone, o in casa con altre cinque, sei o sette, è facilissimo, di annunci ce ne sono a milioni. Ma si trova veramente di tutto e di più. L'offerta più conveniente è quella in Boomerang palace in the famous Woolloomooloo: 120$ a settimana per un materasso in una living room, unico europeo in mezzo a tre asiatici e un colombiano.
A fine settimana devo traslocare...
Sydney è una città imprevedibile, chissà dove andrò a finire!



sabato 11 agosto 2012

italian stars

Mi ero scordato che in queste notti d' Agosto quando avevo 15 anni ero solito passare ore e ore a fissare una porzione del cielo di Dorga, con un maglione addosso, aspettando di vedere una stella cadente disegnare rapidamente come un gessetto sulla lavagna una piccola striscia nel cielo per poi scomparire in meno di un secondo. Bisogna essere fortunati e molto attenti. C'è gente che ne riesce a vedere anche venti in una sera. Io venti forse non le ho mai viste. Una decina, quindici al massimo. Ma ora come allora, saprei esattamente quale desiderio esprimere.
Actually, it's not the same. Però mi ricordo che ripetevo sempre lo stesso identico desiderio, sera dopo sera, stella dopo stella, e devo dire che si è realizzato almeno all' 80%. Gran parte della gente non crede alle stelle cadenti. "E' roba per bambini, che non si realizzerà mai". Ma io credo che la gente che non ci crede o che pensa che i desideri del X Agosto non si avvereranno mai sono semplicemente persone che non ha mai espresso il desiderio giusto nella giusta maniera.

Forse le stelle sono come le persone con cui devo incominciare a lavorare Lunedì. Mi hanno appena assunto in una compagnia di vendita face2face. Devo vendere sottoscrizioni per il WWF per gli ospedali che curano le tartarughe marine che stanno morendo in massa nella barriera corallina, perché essendo animali stupidi mangiano le buste di plastica. Queste poi causano una bolla d'aria nel loro stomaco che le fa galleggiare in superficie non permettendole più di andare verso il fondo per trovare il loro cibo e così muoiono lentamente di fame e di stenti. Sad story! Ma nonostante sia un triste argomento non è così facile fermare la gente che corre per andare a lavorare o che si gode la sua pausa pranzo in pace e non è facile convincerli a sottoscrivere un accordo per $ 39 al mese per sfamare degli animali che stanno nascosti negli abissi marini.
Bisogna sapere parlare, essere sinceri, toccare gli argomenti giusti, non importunare, lavorare duro e stare positivi anche se non si riesce a vendere niente per lungo tempo.
Anche le stelle bisogna convincerle. Desiderare ciò che davvero vogliamo. Deve essere la prima cosa che appare nel buio quando si chiudono gli occhi. Deve essere una cosa disinteressata, preferibilmente non egoistica, e fatta con amore. E deve essere sempre la stessa. Perché come con una sottoscrizione non si guadagna abbastanza per l'affitto e per comprarsi da mangiare, così con una stella non si ottiene il proprio desiderio.
Siamo dei venditori che cerchiamo di vendere una sottoscrizione per il nostro sogno. E le stelle sono i nostri clienti. Quanti clienti avremo bisogno per raccogliere abbastanza soldi per fare in modo che un sogno abbia i fondi necessari per realizzarsi?!

Anyway qui a Sydney in questi giorni impazza la tempesta. E' arrivato un vento gelido che a volte rende difficile camminare per strada e vedere dove vai. Il che può essere pericoloso se urti la moto di un centauro grosso come un Budda borchiato. Al primo "WHAT THE FUCK!" conviene davvero  allontanandosi il più in fretta possibile e  sperando di non avere lasciato alcun graffio sulla sua "Baby", imboccare la prima via a sinistra e poi quella a destra e poi quella ancora a destra, per un eventuale depistaggio vitale!

Il più grande divertimento in questi giorni grigi e freddi è rappresentato dal corso per insegnanti di italiano australiani organizzato dal Ministero degli Esteri della nostra cara madre patria. Nonostante io abbia seguito solo tre ore di corso (tra cui una era il pranzo...) ho imparato tantissimo sui più efficaci metodi didattici australiani per insegnare una lingua difficile come l'italiano dall'altra parte del mondo. Roll play (strausati in qualunque settore e spiegazione: in sei ore di corso di venditore ne avrò fatti almeno quattro o cinque), lettura di racconti, modalità di interazione e... l'onomastica umoristica.
Che cos'è? Ecco alcuni esempi direttamente dai miei appunti:

Come si chiama...
il ministro polacco dell'ecologia? Andrey Peryboskji
la ragazza di buona famiglia greca? Mika Ladogratis
la cuoca russa? Galina Kocilova
lo iettatore francese? Maurice Duncolp
il fachiro più strabiliante? Ahi Kemal

E ovviamente ricordiamo gli amici nipponici onnipresenti:
Il dentista: Tekuro Nakarie
Portiere della nazionale: Tutiri Ioparo
Parrucchiere: Akapa Torasato
Assessore all'igiene pubblica: Nonsurina Suimuri.

A cui si aggiungono i cento nani, tra cui Eccolo!, il nano che arriva sempre in ritardo...

Mi chiedo se il senso dell'humor australiano sia così sviluppato ( se non anche il livello di comprensione della lingua), ma penso che passerebbero molte balle di fieno in un silenzio agghiacciante...

Anyway I'll let u know!

giovedì 9 agosto 2012

Faces 09.08.2012

Non so se aveva ragione Nietzche ( o come diavolo si scrive "Nicce") che l'identico torna per sempre o se aveva ragione una filosofessa un po' meno favola e più contemporanea dicendo che infondo tutto è intercambiabile, anyway è impossibile non trovare persone che ricordano tutte quelle lasciate a casa anche dall'altra parte del mondo.
Forse dopo miliardi di combinazione i vari geni e cromosomi perdono la loro fantasia e ripetono cose pressoché simili, lasciando alla storia delle persone il compito di diversificarle.

Per esempio al colloquio di lavoro, c'era uno esattamente uguale ad un batterista che avevo conosciuto qui in Italia, e guarda un po' "I'm a drummer!". Il capo invece mi ricordava un mio vecchio compagno di calcio, anche se leggermente più alto: un inglese di origini calabresi, con un accento australiano, e innamorato dell'India. Qui succede...
La via di fronte a casa ha lo stesso nome di una mia compagna del Mas e l'unica amica italiana che ho trovato qui per ora, e che mi sta dando una grandissima mano ad ambientarmi mi ricorda tantissimo l'amica che è stata con me l'ultimo mese e mi ha aiutato a ripigliarmi un po'.

I sogni, però, non cambiano facce, né persone, e sono sempre originali, per fortuna. Anche se a volte iniziano già a parlare in inglese...

martedì 7 agosto 2012

07.08.2012

La prima settimana, quella più traumatica, più malinconica (così dicono) sta finendo. Ma già in poco tempo si possono imparare several things about OZ.

1.     Per esempio che si chiamano OZ, che deriva da Aussie, che deriva da Australian. Gli australiani sono totalmente padroni delle parole e ne fabbricano quante e come ne vogliono. E’ stupefacente però vedere come un popolo che è riuscito a fare una abbreviazione così originale, sia riuscito dall’altra parte anche a creare un quartiere cittadino con il nome di Woolloomooloo, dove, ahimè, ho la residenza per la posta. Ogni volta scrivere l’indirizzo postale è una vera sofferenza…

2.     La vera forza degli australiani sta nel considerare la distanza in base ad una loro Teoria della Relatività, simile a quella del più famoso fisico Albert Einstein.  Se per esempio 10 minutes walk in città paiono una distanza abissale per i passanti a cui chiedi delle indicazioni, all’affermazione che tu have broke up your relationship perché sei esattamente dall’altra parte del mondo rispetto alla ragazzi con cui stavi, loro ripetono a loop un incredulo “Why?” , non comprendendone assolutamente non solo il motivo, ma quale sia il problema.

3.     OZ è un paese per agricoltori e ragazze alla pari. Nonostante si trovino dei posti come baristi, esserLo comporta più rischi di James Bond e più probabilità di essere citati di un chirurgo strafatto in sala operatoria. Oltre a dover subire gli insulti e le minacce degli ubriachi a cui, dopo che hanno manifestato evidenti segni di essere intoxicated, non si può più servire niente di alcolico, ci sono delle responabilità enormi: se uno si ubriaca è colpa del barista, se uno ubriaco andando a casa si getta nel mare è colpa del barista, se uno si mette in macchina ubriaco e investe qualcuno è colpa del barista, se uno mette della droga nel bicchiere di una ragazza e poi la stupra è sempre colpa del barista. Sfortunatamente stando alle statistiche del RSA, simile a quelle dei morti in autostrada in Italia, uno di questi casi capita 300 volte su 100.

4.     Dopo aver incontrato una studentessa tedesca di filosofia in Australia, ho pensato che la gente non sa più che scusa trovare per venire qui. Ma actually il credo filosofico e il modo di allevare “bambini di assalto” qui si basa sulla sacra corrente dello Shallismo, che ha nel mantra continuamente ripetuto “No worries”, il suo punto centrale.  Il risultato su uno che arriva e cerca subito e urgentemente lavoro per potersi pagare un affitto è però esattamente il contrario…

5.     L’Austalia è sicuramente uno dei paesi più sicuri al mondo, grazie ad un sistema di prevenzione del crimine altamente tecnologico. Nell’ostello a Woolloomooloo, infatti, una trentina di backpackers che vanno e che vengono, divisi in camerate da quattro/sei persone possono stare tranquillissimi di lasciare le loro stuff in camera, qualunque sia il loro valore. Un piccolo cartello bianco con su disegnato un piccolo Budda, infatti, intimorisce i possibili ladri con una scritta che suona peggio della maledizione di Tutankamon: “Stealing is bad Karma”.

My horror (part I)


My Horror
06.08.2012

“Hi Gabriele,
You sound ideal. I’m wanting someone to help me with the upkeep of the house and downsize on all the possessions I own.”
A dir la verità scesi un po’ a caso dal 480 che stava percorrendo tutta Liverpool Road senza che il conducente riuscisse a darmi indicazioni precise sulla mia fermata. Per caso o per fortuna mi ritrovai esattamente lì, dove dovevo andare, all’incrocio con Knox Street. La zona non era tra le più paradisiache della grande capitale del NSW. La panchina di fronte alla fermata era occupata da due homeless, che tentavano in qualche modo di ripararsi dallo strano freddo che era calato quella sera nel tiepidissimo inverno australiano di fianco ad un piccolo mercato ortofrutticolo, incastonato nella più totale China Town. La via, nel buio delle half past six p.m., era illuminata da grandi scritte in ideogrammi, sotto cui stavano a braccia conserte alcuni commercianti asiatici in attesa della imminente chiusura.  Appena arrivato a Sydney, con un livello di inglese pressoché discreto per comunicare, ma che non mi permetteva di capire tutto (e soprattutto il difficile e storpiato accento austro-cinese), disperso in un quartiere sconosciuto a circa quaranta minuti dal centro città e a un’ora da casa, l’atmosfera attorno a me non faceva altro che accrescere la strana ansia che mi era salita addosso, già da quando stavo uscendo di casa a Margaret Street. Era ansia mista a paura e anche all’eccitazione della prima visita della mia vita ad una casa che avrebbe potuto essere la mia per il prossimo mese o due.
Non era assolutamente un normale incontro con il proprietario di casa per vedere la mia camera, conoscere i miei coinquilini, per poi decidere comodamente se accettare il bill and then move in. L’annuncio su Gumtree diceva “free room”, in cambio di un aiuto ad inventariare some stuff  e a vendere diversi articoli tramite inserzioni su eBay.
I would like to invite you to come me meet on Monday or Tuesday evening. You need to do one hour of work so I can see you can do the work. If we’re both happy you can move in any time…
…e la cosa mi turbava un po’, non avendo mai provato a vendere nulla su Internet e nemmeno a fare un inventario preciso e professionale di qualsiasi genere di cosa. Ma, anyway, per un giovane backpackers di ventun anni, ancora alla ricerca di un lavoro in un posto lontano qualche decina di migliaia di chilometri dai propri amici e parenti, una casa gratis in cambio di un’oretta di lavoro al giorno era qualcosa da non poter lasciare andare senza neanche averci provato. Così con ancora nelle orecchie l’espressione dubbiosa di zia Angela, che aveva dato un’occhiata con me all’avviso il giorno prima, dopo aver passato quarantacinque minuti nel supermercato lì vicino a stupirmi dei prezzi astronomici degli alimentari australiani, alle sette e ventotto guardai il cellulare e mi misi in cammino su Knox St, che come tutte le vie traverse della periferia di Sydney é illuminata in modo veramente scarso. Una cosa a cui noi in Italia non siamo abituati. In effetti la città qui è un posto ancora sicuro, a parte in alcune zone dove ogni tanto una qualche baby gang sudamericana decide di ubriacarsi e di picchiare un po’ di gente o di sparare qualche colpo in aria, just because they have to mark their territory.
Ma nonostante avessi superato praticamente indenne il mitico jet lag, ero ancora troppo un milanese di Via Padova per fidarmi delle vie buie dei quartieri di periferia popolate da gente extracomunitaria.

My horror (part II)


To give you more details about the house, it’s a beautiful, huge residence. You can see a few pictures here-
Mi fermai un attimo davanti al cancelletto della rete metallica che circondava la proprietà. Si intravedeva una ragazza bionda alla finestra del secondo e ultimo piano nella torretta a sinistra. Il balcone che proseguiva di fianco restava invece in penombra facendo solo intravedere le fini decorazioni della balaustra bianca. Fermo lì fuori, con un pacchetto di tortine alla confettura di strawberry appena comprate al supermercato per non fare la figuraccia di presentarmi a mani vuote e per ingraziarmi la mia nuova futura padrona di casa, aspettai circa tre-quattro minuti di modo che l’sms “I’m arriving in knox street right now, is it ok?”, potesse avere una risposta affermativa.
My number is 04………. Please do not call me; just send me an SMS as to when you can come and I’ll send you the address.
Avevo ansia. Il giardino totalmente spoglio. La finestra in alto si era spenta e solo una fioca luce di una piccola lampada a lanterna all’ingresso illuminava l’abitato. Se ci fosse stato un temporale, in quel momento, sarebbe stata l’ambientazione perfetta per Red Rose di Stephen King. Di fianco alla porta d’ingresso bianca, tipica di una casa in mattoni rossi come quella, il campanello era rotto. Così bussai due o tre volte.
-Hi, this is Gabriele, the guy that mailed you for the accomodation. I can come to see the house this evening. Can you send me your address, pls? Kind regards. G. (inviato Lun @ 09:20)
-Um its not a house inspection thanks (ricevuto Lun @ 09:22)
Una ragazza alta e bionda, con il viso bianchissimo e molto smorto, mi ricordava un po’ l’immagine che i giornali davano di Michael Jackson circa un mese prima dell’annuncio della sua morte. E in effetti la vita scorreva così frizzante in lei just like nel bellissimo cimitero inglese sul mare tra Coogee Beach e Bondi Beach. Il suo tono di voce era bassissimo, la sua espressione glaciale e totalmente impassibile, i suoi occhi si muovevano molto lentamente, squadrandomi dall’alto in basso in una maniera così fredda e distaccata da mettere totalmente in suggestione. Chiuse la porta alle mie spalle e senza dire niente entrò nella sala alla sua sinistra e si sedette sul divano.
“Put there your stuff” e mi indicò un angolino per terra di fianco alla porta.
Appoggiai il mio zaino, dentro cui avevo portato il computer e la macchina fotografica, rispondendo a fatica al suo sguardo e alle sue parole, preso da uno strano senso di spaesamento e di una sensazione uncomfortable. Un po’ goffamente, biascicai qualche parola, mostrandogli le tortine. Le guardò malissimo. E solo coi suoi occhi fece cenno di appoggiarle insieme alle mie robe, che non erano cose che le interessavano e che eravamo lì per tutt’altro che per mangiare.
“Have you got your own camera?”
Avevo con me una piccola Fuji non di altissima qualità, anzi, sicuramente neanche nell’average delle macchine utilizzabili per fare anche lavori semplici di fotografia. Non ci fu bisogno comunque di tirarla fuori. Le bastò il mio timido yes. Mi ero chiesto per tutto il tragitto se fosse stata o meno necessaria, se lei avesse già tutto il materiale occorrente per il lavoro. Comunque sia mi feci un po’ coraggio e chiesi dove potessi trovare una plug per caricare il mio portatile, in modo da poter iniziare a lavorare. 

My Horror (Part III)


Aspettò che tirassi fuori il pc e che lo mettessi in charge poi senza dire nulla con un passo silenziosissimo si diresse nella stanza accanto, sparendo dal mio sguardo. La seguì, per cortesia, anche perché ero certo che sarebbe tornata indietro con un primo scatolone da fotografare. Ma lei era ferma immobile in mezzo ad una stanza piena di vestiti sparsi da tutte le parti, scatole, cianfrusaglie e roba di qualsiasi genere.  “Cavolo, c’è un bel po’ di lavoro da fare”, e già mi stavo guardando attorno, quando lei, senza mai sorridere, mi domandò qualcosa che era letteralmente incomprensibile finché non trovò un piccolo asse da stiro.
“Can you iron?”
Per un attimo pensai di mentirgli. O forse no. La domanda mi aveva spiazzato. Avevo passato il pomeriggio a studiare come fare un buon annuncio su eBay, come trovare buoni modelli di inventario per Excel e mai avrei pensato di dover finire a fare la casalinga. “No, actually” fu l’unica e più sincera risposta che uscì fuori dalla mia sempre più evidente difficoltà nell’imprevista e “sinistra” situazione.
Ancora una volta il suo sguardo non commentò, né le sue parole tradirono un qualche disappunto. Senza dire nulla passò alla camera affianco. Una camera da letto abbastanza disordinata, con un letto a baldacchino nero ancora tutto disfatto, dove una stufa a caminetto dava calore ad un piccolo tappeto a quadri multicolore, unico tocco di gioia ad una casa in bianco e nero. Il resto erano appendi-abiti, altri vestiti sparsi qua e là e mobili in disordine.  Muovendo leggermente la mano mi mostrò il mobiletto dei trucchi sulla destra e mi disse che avrei iniziato da lì, dal farle vedere la mia capacità di organize.  
“Gosh! Am I here to do the cleaning lady?”. Fu solo il mio pensiero, la strana timidezza che mi aveva preso in quel momento e il mio sano proposito di essere polite in casa di gente sconosciuta aveva ricacciato in gola una frase già composta che la mia lingua stava ormai pregustando sul palato. Dati gli ordini, con il rumore di un fantasma, si diresse verso la cucina a fianco, socchiudendo la porta alle sue spalle.
Guardai un attimo tutte le stuff con cui avrei dovuto avere a che fare. Roba assolutamente e totalmente da donna: mascara, fondotinta, eyeliner, rossetti, spille, spazzole, cerchietti di qualsiasi tipo. La situazione pareva inizialmente comica. Mi vedevo già nei panni del goffo Mister Bean alle prese con qualcosa con cui non avevo mai avuto a che fare (come anche eBay e l’inventariato) e già mi era chiaro che se non mi fosse venuta in mente un’idea geniale o non avessi trovato una qualche bacchetta magica infondo a qualche scatolone da strega della mia nonpiùtantosicuramente futura padrona di casa, il bell’appartamento “free”  si sarebbe volatizzato in un sonoro segnale di fallimento “puf!”. Anche perché, dopo che la prima volta avevo raccolto tutti insieme i trucchi alla bene e meglio, un po’ nella grande trousse azzurra, un po’ nei vari astucci trasparenti che avevo trovato, Lora (questo il nome di fantasia, giusto per mantere quel minimo di privacy) mi aveva rimproverato, questa volta mostrando un pizzico di disappunto, pur sempre, però, in maniera assolutamente distaccata, per la mia assoluta mancanza di logica. Così il compito non era solo quello di capire a cosa servissero e cosa fossero tutte quelle diavolerie da donna (con le scritte in inglese) ma quello di trovare un ordine a quelle incasinatissime e numerosissime boccette, boccine, matite, pennelli tra cui alcuni finiti, alcuni spuntati, alcuni vuoti, alcuni secchi, alcuni difficilmente recuperabili.
Tutto così sembra calmo e tranquillo. Infondo di pericoloso finora c’è solo un po’ il quartiere, reso tale probabilmente da delle fissazioni di un malfidente ragazzino italiano alla prima esperienza alone in the world. Di terrificante c’è solo l’immaginazione cinematografica di una casa e di una padrona che poteva essere anche solo semplicemente stanca o un po’ svampita. Di scioccante solo il fatto che da tranquillo fotografo e inventarista seduto ad un tavolo con gli occhiali, mi ritrovo per caso a fare la signora delle pulizie. Ma quella trousse e quell’armadietto dei trucchi non contenevano assolutamente della roba “normale”.
- No problem, just tell me teh most suitable time for you to show me the job (inviato Lun @ 09:26)
- Is 7:30 ok? (Ricevuto Lun @ 09:30)

- Ok that sounds great! See you later. Thank you! (Lun @ 09:31)

- Thanks (Ricevuto Lun @ 09:32)

My Horror (Part IV)

La prima cosa in assoluto che mi colpì furono le due parrucche bionde che trovai in un piccolo sacchettino grigio e il piccolo ciuffo dello stesso colore che era disperso nella trousse di fianco ad un biglietto del concerto di Lady Gaga di qualche mese prima. Quel biglietto per il momento bastò a saziare la mia curiosità, e io finii per attribuire alla mia ignoranza maschile il fatto di non riuscirmi a spiegare perché una bionda naturale dovesse aver bisogno di altre parrucche bionde.
Misi da parte le parrucche e iniziai ad analizzare tutti i trucchi sul tavolo. Moltissime terre e fard, nonostante fossero chiuse nella trousse o negli astucci, erano ormai palesemente finite. In effetti ciò poteva spiegare il color pallido della pelle di Lora. Ma tra tutte le boccette mi incuriosì una con il tappo giallo, simile a quella che si usa negli ospedali per il prelievo delle urine. Una piccola cosa bianca e solida, senza una precisa forma stava dentro al vasetto: era un unghia morta. Presi il barattolo con due dita un po’ schifato e cercai di metterlo su un piccolo ripiano di legno, insieme ad altre boccette. Quando mi accorsi che c’era una piccola scatolina sotto il pacco da cinquecento cotton fioc. Pensando ad altra roba da inventariare, diedi un’occhiata…
You would have your own private extra large, furnished bedroom.
Dita. Nere. Piene. Non di quelle finte da indossare. Cera, pensai. Ne presi una in mano. Non erano candele dal gusto macabro e sicuramente non erano di plastica. Non volli indagare oltre, rimisi giù subito, molto turbato. Mi sforzai di inventariare tutto il più velocemente possibile, nel silenzio irreale della stanza. Sgombrando il fondo della trousse trovai del fondotinta white per i clown, un paio di rossetti rosso accesissimo, e una confezioncina di Xanax, da cui mancava la terza pillolina viola. In quel momento pensai che anche se avessi voluto scappare non avrei potuto: avevo lasciato il computer e le mie cose di là, nell’altra stanza.
“I have finish. Do you wanna chek?”, le dissi dopo averla raggiunta in cucina, dove stava rovistando sempre in lentissimamente in un cestino. Arrivò, guardò, e mi disse di mettere a posto l’angolo tre enormi buste con dentro vestiti, scarpe, lenzuoli, and so on… Io che pensavo di aver finito…
Ideally I would like someone who is pleasant, quiet and loyal.
Il primo indumento che mi saltò all’occhio, oltre ai più strani e diversissimi paia di slip, fu un corpetto rossissimo, e una piccola vestaglietta nera trasparente subito sotto ad un paio di cinture. La parola loyal creò nella mia testa delle strane associazioni, mentre la mia fantasia si perdeva nel cercare di definire una mente che per quel poco che avevo visto e per ciò che avevo trovato non potevo considerare sicuramente sana. Seguirono vestiti dei più disparati, dai leggins dorati, ad altri corpetti provocanti, fino ad un enorme paiette e a delle scarpe da ballerina di danza classica. Due cose mi impressionarono: la quantità di parrucche e il fatto che ogni calzino fosse spaiato. Ma infondo questo ultimo particolare poteva anche essere irrilevante: anche lei considerava tutta quella roba praticamente invendibile e da buttare.
Divisi tutto in sacchetti di plastica e di stoffa in base al tipo di vestito. Ma proprio all’ultimo mi accorsi che sotto a tutto stava una bellissima Nikon nera. Nel misto dei sentimenti e delle immagini dei vari film di paura che ho visto nella mia vita, mi balenò in mente quella frase “Have you got your own camera?”. Che bisogno c’era con una bomba del genere? Come mai era nascosta sotto tutti quei vestiti? Era veramente sua?
“Ok, let me show you the room”
Dopo aver finito di sistemare tutto e dopo averle steso anche il bucato, con la sua solita aria da oltretomba Lora si avviò su per le scale, al secondo piano. Le andai dietro fino a una stanza molto grande, con un letto solo, un piccolo armadio e una televisione. Me la fece vedere velocemente, non ricordo bene altri dettagli. Al piano di sopra però sembrava non esserci nessuno, come in tutta la casa. Strano per essere l’ora di cena.
I rent out a couple of rooms to some Australians who all employed and they are very friendly, quiet and clean. They pay $250-$300 rent but you would stay free rent.
Scendendo le scale le chiesi: “How about the Australians that live here? Where are they?”
E con un tono glaciale un filo di voce disse:
“Don’t know”
Arrivati infondo alle scale con la solita freddezza e in maniera molto sgarbata mi disse di raccogliere la mia roba e di andare via e che mi avrebbe fatto sapere in qualche giorno. Senza dire nient’altro me ne andai con un rapido Goodbye, forzando un sorriso.
La porta si richiuse immediatamente dietro di me. Erano passate due ore.
Mi allontanai a passo spedito verso la fermata dell’autobus.
E mentre adesso il 483 delle 21:36 mi riporta stancamente verso Town Hall, riguardando per un secondo Liverpool Road, non posso fare altro che rimuginare e immaginare, costruire mille racconti e girare mille film nella mia testa.
Sicuramente le ispirazioni per qualche buon horror, qui nella terra australe non mancano!
Cheers,