giovedì 27 dicembre 2012

Un Natale irlandese rotolando nella pioggia



Nella mente di ognuno di noi Natale ha parecchi sinonimi come neve, freddo, casa, regali, famiglia. Sembrava quasi che quest’anno avesse deciso, come me, di prendersi un gap year. Le canzoncine natalizie dreaming of a white xmas, let it snow, and so on suonate a loop negli altoparlanti delle corsie del supermercato avevano effetto solo grazie al gelo dell’aria condizionata, ma creavano un cluster quasi fastidioso non appena i quaranta gradi del sole ti accoglievano appena dopo la cassa.

Il 24 sera niente cena coi parenti aspettando la messa di mezzanotte: pub e birra a volontà con gli amici. Molti ragazzi, come i figli di Frank e Hayley su a Rossgole, vanno a scuola o all’università lontano dalla città, a Sydney o Newcastle, e Natale diventa uno dei pochi momenti dell’anno dove poter rivedere vecchi amici e riunire vecchie compagnie. Il Belmore non è mai stato così pieno. Lì di fronte un paio di biondine, classiche cheerleaders collegiali, sono intente ad attirare le attenzioni del gruppo dei palestrati-tatuati-tamarri della zona, magliettine attillate e occhiali da sole con la montatura rigorosamente bianca sul collo a guardare all’indietro, riflettendo una notte non particolarmente assolata. Altre ragazze al tavolo di fianco, truccate a puntino sfoggiano vestiti non da normali sere al pub che calamitano inevitabilmente l’attenzione, a differenza dei soliti bermuda e qualche rara camicia per gli uomini, ma si sa, per noi la scelta degli indumenti non è mai un problema insormontabile che arriva spesso ad assumere dimensioni catastrofiche da fine del mondo.
Storie e storie di vita si raccontano tra risate e bevute dalle sei di sera, i camerieri portano gli ordini a destra e a sinistra, vassoi di birra, rum, pizze, bistecche e ritornano indietro con torri di bicchieri vuoti o spesso con i cocci e vetri di essi raccattati sotto qualche tavolo.
Neanche la pioggia delle dieci e mezza sembra sconvolgere l’atmosfera nel giardino: bagnati e contenti, le chiacchere e le risate si prolungano fino a mezzanotte, finché l’oste, dopo aver smesso di servire l’alcol, manda tutti a dormire e chiude il bar, come in una famosa canzone di Ligabue.

La mattina di Natale invece di precipitarci sotto il pino per vedere cosa il povero Babbo Natale avesse portato tutto sudato sotto la classica e puntuale divisa rossa e bianca, ci siamo incamminati lentamente a raccogliere altre sorprese che i nostri amici cavalli ci avevano lasciato sotto altri alberi. Ma, giusto dopo un paio di orette di lavoro, si tornava già a casa per cucinare e preparare il cenone serale. Considerando che il pomeriggio bisognava tornare a lavorare, infatti, il pranzo è stato leggero a base di insalata al mango, gamberetti, fritto misto e mosche, che come al solito hanno tentato di infilarsi dappertutto, usando forchette e bicchieri come facili passaporte verso le nostre bocche e narici. Ma tra tutto brillavano, ovviamente, le mie bruschette all’italiana, che hanno difeso la buona fama culinaria del nostro paese.
Shane e Sarah organizzano sempre il Natale a casa loro, qui a pochi passi dal nostro cottage. Irlandesi, come i loro amici veterinari seduti al tavolo con noi, spesso è difficile considerarli come dei  veri e propri capi o superiori, sia per la loro grande gentilezza, sia perché coi loro 26 anni sono quasi coetanei. Shane è arrivato qui 4 anni e mezzo fa per girare l’Australia e quando la sua passione per i cavalli l’ha portato nell’Hunter valley, non è stato difficile per lui trovare lavoro qui a Yarraman, dove, come in molti che lavorano qui, ha trovato lo sponsor  per restare e vivere. Il suo primo Natale qui in Australia, però, non è stato fortunato come il mio, in quanto, come ci ha raccontato più volte, lo ha passato da solo. Sarah, la sua ragazza e a Giugno futura moglie, lo ha raggiunto solo l’anno successivo, portando con lei il loro You’re beautiful, il loro cavallo irlandese e Benji e Ally, i loro due cani.
A cena c’era anche Iuri, un ragazzo ucraino, anche lui qui ormai da più di un anno grazie alla sponsorizzazione di Henry e Arthur (i due fratelli che gestiscono e posseggono la tenuta).
Iuri è una persona abbastanza complicata da comprendere, sempre taciturno, parla un inglese che sembra a tutti gli effetti russo, nonostante abbia passato 8 anni in Inghilterra lavorando per un’altra stud. Nonostante il suo essere silenzioso, i suoi occhi hanno sempre una strana e vigile luce che smebra appartengano a un possibile serial-killer omicida psicopatico che è meglio trattare con tutti i crismi, per non farlo arrabbiare. E non perché mangia uova crude o tenta di far entrare furtivamente una bottiglia di vodka alla festa di Natale aziendale, dove sembrava di essere nella villa di Bacco in persona, ma perchè sempre mi ricorderò quando la prima settimana, per far muovere una cavalla sana, che aveva deciso di voler passare la prossima mezz’ora a mordicchiare una staccionata, si è messo ad urlare “Davaaaaai!” e le ha molltato un paio di calci nel sedere, senza temere minimamente la sua reazione. Impavido!
Ma, comunque, anche lui è un bravo ragazzo e un lavoratore instancabile che passa gran parte delle giornate come me a cercare di far funzionare il gigantesco quanto malprogettato food mixer.
Il tavolo per la cena era già pronto con nove sedie fin dalla mattina. A completare il tavolo c’erano due amici irlandesi, una coppia di farmer della zona, me e Alina.
Prima di iniziare quello che sarebbe stato un combattimento epico e senza precedenti con la capacità di dilatazione delle pareti del mio stomaco, ho scoperto la tradizione dei crackers, caramellone di cartone che si fa scoppiare (da lì il nome onomatopeico) coi i propri vicini, incrociando le braccia e tirando ognuno dalla parte opposta.
All’interno ci sono piccole sorprese da ovetto Kinder, come piccole trottole o un mini-pettine giallo che ho ancora qui e che nonostante le dimensione microbiche funziona assolutamente, una coroncina di cartacrespa da indossare durante tutta la cena, e purtroppo, una barzelletta o un colmo che raramente riesce a far abbozzare un sorriso e spesso, invece, invita alla depressione.
La più bella sorpresa, però, ce l’ha fatta il tempo. Dalle quattro di pomeriggio, infatti, ha iniziato a piovere a dirotto, interrompendo una siccità di più di un mese e mezzo, e annuvolando il cielo, ha abbassato la temperatura fino a 15-16 gradi, che è sempre primavera, ma costringendoci a indossare almeno una felpa, è stato sufficiente per farci sentire tutti quanti un po’ più a casa nell’emisfero boreale.
Nelle luci delle candele un enorme tacchino, un intero prosciutto, due mega ciotole di pure e pasticcio di patate, un timballo di frittura mista, carote, e davvero non mi ricordo più quanto cibo fosse impigliato nel traffico delle nostre mani che a stento cercavano di trovare un po’ di spazio sulla tavola per appoggiare i vassoi e quanto ne è finito nel mio e negli altrui frigoriferi come scorta per i giorni successivi.
Ma la cosa peggiore è stata, dopo due ore, mentre ognuno stava già quasi per rotolarsi sul divano al grido di “si salvi chi può”, scoprire che lo spirito natalizio aveva invaso ognuno di noi a tal punto che ognuno si era sentito in obbligo di cucinare un dolce per tutti. A fare concorrenza al mio tiramisù c’era un enorme e massiccio timballo di cioccolato e M&M’s, un immensa distesa di pavlova, le frittelle ucraine con crema di latte di Iuri, un paio di altre torte e una vasca olimpionica di gelato.
Non c’è da meravigliarsi che alle nove di sera il nostro Natale si è concluso addormentandoci ognuno davanti alla televisione a vedere Home Alone (nient’altro che il famoso: Mamma ho perso l’aereo).

Incredibilmente ho, però, ricevuto dei regali. Arthur, il proprietario che si occupa della parte di farm dove lavoro, oltre ad invitarci a casa sua per un familiare aperitivo il 24 sera, nonostante io lavori qui da sole tre settimane si è preoccupato di avere un piccolo pacchettino regalo anche per me, come per tutti, con un portafoglio dove infilare i 150 dollari di bonus che abbiamo appena ricevuto per ringraziarci del nostro “duro e professionale” lavoro. Shane e Sarah, invece, da buoni irlandesi, ci hanno regalato un boccale di birra di plastica che, se tenuto in frizer, aiuta a mantenere fresca la birra a lungo. Purtroppo non ho potuto contraccambiare, perché la cosa mi ha colto alla sprovvista, ma adesso che sono iniziate le ferie e ho 5 giorni di vacanza per Capodanno, avrò il tempo di pensare a qualcosa.

Domenica mattina mi aspetta il treno per Sydney. Dopo quasi 3 mesi di vita campagnola rivedo la grande metropoli e tutti i miei amici di Catherine Street (tutti trasferiti altre case, dopo continui problemi con Internet e litigate furiose) e del Caffè Amici. Il capodanno coi fuochi sul mare sotto l’ Harbour e l’Opera House dicono qui che sia qualcosa di speciale. Ma cosa in tutto questa esperienza non lo è?

mercoledì 26 dicembre 2012

ECCO LE FOTO!

Visto il bellissimo successo e le continue richieste, per il nuovo anno sono iniziati i lavori di espansione!
Ecco perché GabTheKangaroo ha deciso di tenersi al passo coi tempi che corrono e con la moda e ha ora una sua pagina facebook dove sono e saranno caricate tutte le foto e i video dell'avventura e molti altri aggiornamenti!

Questo il link :http://facebook.com/gabthekangaroo



AVVERTENZA:

L’Australia che immaginate dai racconti che leggete è la vostra. L’Australia delle foto è la mia. Che poi la mia sia quella reale (e questa parola potrebbe già aprire da sola un dibattito lungo pagine e pagine), è tendenzialmente irrilevante alla distanza a cui oggi voi vi trovate.
Lasciate che i racconti restino come dei ciceroni che vi guidano e che siano i vostri occhi, non i miei, a vedere, a riempire con colori e immagini tutti i particolari che vengono, spesso volontariamente, tralasciati. Come un libro a confronto con un film da esso tratto, finché vi muovete tra le righe d’inchiostro elettronico quella che leggete resta, infondo, la vostra e solo vostra Australia, un piccolo tesoro, unico al mondo.
La cultura contemporanea, basata sulle immagini, rende pigri. E’ molto più facile vedere un fotogramma che leggere una ventina di righe, è molto più facile far riposare gli occhi su un migliaio di pixel che farli viaggiare per chilometri di spaziotempo nella propria immaginazione.
Quindi godetevi la mia Australia, e divertitevi ad ogni post e ad ogni foto a creare ogni giorno la vostra!

sabato 22 dicembre 2012

La doppia S II


 Tutto ha un prezzo e un valore.

Le vacanze di Natale sono ufficialmente iniziate. Per qualcuno. In modo da tenere monitorati e dare da mangiare ai cavalli, tenere pulita la proprietà e preparare gli yearlings per la vendita del 2 Gennaio, lo staff di Yarraman è stato diviso in due turni di cinque giorni, in cui ognuno ha liberamente deciso se volere spendere Christmas or New Year’s Eve off. Incredibilmente per un organico di 15 persone non ci sono stati problemi e ognuno è stato soddisfatto nella propria scelta.
Nonostante a mezzo regime, comunque, l’ammontare di lavoro non è aumentato anzi il ritmo è abbastanza soft ed è reso ancora più lento dal caldo desertico che da ormai una settimana opprime tutta la regione con punte spesso oltre i 40 gradi.
Ma c’è qualcosa che turba l’atmosfera festiva e rilassata di questi giorni, e non sto parlando dei nuvoli indomabili di mosche, a cui è ancora difficile fare l’abitudine.
Molte cavalle si stanno ammalando di coliche intestinali, un problema che crea un anomalo attorcigliamento dell’intestino e una conseguente letale e dolorosa bolla di gas nel ventre dell’animale e il motivo, per quanto ancora abbastanza oscuro, sembra essere dovuto al tipo di erba che sta crescendo nella siccità o a un carico di fieno o di cibo non molto sano. Si stanno vagliando molte ipotesi e cercando delle soluzioni, ma per ora con scarsi risulatati.
Di solito, in un anno, la routine è due, massimo tre casi: a oggi ne abbiamo registrati più di 10 negli ultimi due mesi di cui la metà nell’ultima settimana.
Fortunatamente non è difficile individuare una cavalla che inizia ad avere problemi di coliche: faticando a stare in piedi e a rialzarsi, l’animale si rotola per terra cercando di ritrovare il giusto appoggio per ritornare sulle quattro zampe, e una volta riuscitoci cammina lentamente finché dal dolore si riaccascia di nuovo al suolo.
E’ difficile che un cavallo riesca a riprendersi completamente naturalmente senza bisogno di un invasivo intervento umano e ciò capita solo quando la malattia è allo stato iniziale: un rapido e radicale cambio di alimentazione può essere la soluzione al problema.
Per aiutare nella guarigione non esiste una vera e propria cura a base di medicinali, ma soltanto una serie di painkillers che rendono la terribile sofferenza leggermente più sopportabile.
L’unica soluzione che si prospetta in più del 90% dei casi, però, è l’operazione chirurgica.
Il problema è che questa costa davvero tanti soldi, e così quando l’ecografia diagnostica senza possibilità di errore la malattia, si è davanti ad un semplice quanto brutale bivio: se la cavalla vale quei soldi o più, viene mandata dal veterinario, se no viene soppressa.
Qui in Australia manca spesso il rapporto uno ad uno, affettivo e speciale con l’animale, che il più delle volte viene semplicemente guardato come un ammasso di muscoli e banconote.
Molti proprietari, infatti, parcheggiano qui a Yarraman Park i loro cavalli e li vengono a visitare qualche volta l’anno per valutare i foals appena nati o per qualche vendita. Molte cavalle, addirittura, sono tenute qui solo per procreare, in ritiro dopo aver calcato qualche buona pista da corsa o qualche prato verde di un campo di Polo.
Ovviamente non bisogna generalizzare, ma il mondo dei cavalli da corsa e dei cavalli in generale è più una vera e propria industria che un allevamento e come tale è soggetta alla grande domanda di prodotti sempre più competitivi e alla grande legge dell’usa e getta.
Ciò, a dire il vero, fa la fortuna di molte studs, come la nostra, dove più di 200 cavalli non appartengono alla farm, ma ad altri proprietari che pagano all’incirca 30-40 dollari al giorno per ogni cavallo.
Facendo un rapido calcolo e sommando il tutto con il prezzo di ogni monta, che avviene in questo periodo circa una decina di volte alla settimana, e sottraendo il costo del cibo, del veterinario e dello staff, il solo ricavo quotidiano di una struttura del genere è notevole.
Ora si può immaginare come il dilagare di casi di coliche intestinali costituisca un vero problema anche per l’immagine e la fiducia dei proprietari che lasciano qui i loro cavalli che già da soli valgono davvero una miniera d’oro.

Per fortuna sette dei dieci cavalli malati valevano la pena di essere salvati.
La cavalla di Lunedì pomeriggio, dove il nostro racconto si era interrotto purtroppo non era tra questi. Con le redini al collo e il piccolino ancora al suo fianco, barcollava, cadeva, si rialzava, spesso costretta da due o tre calcioni nel sedere. Ora questo può sembrare brutale, ma in realtà è essenziale tenere il cavallo in piedi, perché, una volta sdraiato a terra, il gas che fuoriesce dall’intestino si comprime, causando una pressione dolorosissima sull’addome e sui fianchi.
Essendo impossibile portare via il piccolo dalla propria mamma con le redini, abbiamo condotto entrambi verso un box non molto lontano, dove viene chiuso il piccolino, ormai orfano, lasciato per i prossimi due o tre giorni a piangere e ad aspettare invano il ritorno della mamma. C’è da dire che, anche se un mese per la crescita di un puledro fa la differenza, a Gennaio i cavallini verranno comunque separati dalle loro madri, ma il processo sarà comunque meno doloroso in quanto saranno condotti in un paddock grandissimo, su un soffice e succulento tappeto di erba, con nuovi amici con cui rincorrersi e annusarsi tutto il giorno: un gigantesco Campo Estivo per cavalli.
Avevo già visto in Rossgole come veniva soppresso un cavallo, ma il liquido verde nelle 6 siringhe, non sembrava una overdose di sonnifero come l’ultima volta. Soprattutto perché la rapidità con cui la cavalla è caduta a terra è stata impressionante, neanche cinque secondi dopo l’ultima iniezione. Un tonfo pesante, nel silenzio. Shane si è chinato, le ha chiuso gli occhi, le ha sfilato le redini e ha tagliato il piccolo collare con la targhetta di plastica con il suo nome.
In un mondo che gira ai livelli più alti sui soldi è racchiuso, come una matrioska, il mondo di tutti i lavoratori e gli stallieri, persone che lavorano con grandissimo amore e passione, che dedicano ogni giorno e la loro vita alla cura di quegli animali, dalle veglie per controllare le cavalle incinta, al cambio  giornaliero delle bende sulle gambe dei puledri, dal guidare chilometri per i paddock della proprietà per riempire di cibo le loro grandi ciotole di plastica al conoscere incredibilmente il nome e le differenze tra ogni singolo cavallo.
Quel silenzio, davanti all’enorme ammasso inerme di muscoli e carne, quelle mani tra i capelli, quelli sguardi bassi, sono una immagine che da sola può far comprendere come in quegli occhi chiusi dalla morte e in quelle siringhe sia impresso e contenuto un senso di fallimento e di tristezza.

Nella voce ricavi/spese del bilancio di ogni anno, però, ciò che pesa di più sono le vendite dei cavalli e la nascita dei nuovi puledri. Ma di questo parleremo nel prossimo post.

P.s.  Da Giovedì i tre orfanelli sono insieme in un piccolo yard, non molto distanti da casa mia, stanno bene e giocano tutto il giorno, e tutto sommato non se la passano poi tanto male.


Colgo qui l’occasione per ringraziare e fare gli auguri di Buon Natale e Buone Feste a tutti coloro che leggono assiduamente o anche di tanto in tanto questo blog, e che in quattro mesi e mezzo hanno permesso a questa pagina di essere visualizzata più di 5000 volte.
E anche per ringraziare www.italiansinfuga.com che ha appena pubblicato sul suo sito un mio articolo riguardante i corsi di formazione per backpackers che vogliono lavorare nelle farm e che, sponsorizzando questo piccolo diario, racconta anche qualche retroscena che non è stato descritto in queste pagine.
Questo è il link: http://www.italiansinfuga.com/2012/12/17/corsi-per-lavorare-in-farm-pro-e-contro/

Grazie a tutti! =)

martedì 18 dicembre 2012

La doppia S (sesso e soldi) che fa girare il mondo. (un mese di cacca II)


Parte I: La Monta

“This post is classified M, for Mature audience: it may contain strong sexual references”

I Lunedì sono giornate in cui può capitare di tutto. E’ come se tutte le cose che vorrebbero accadere fremessero dietro la porta della piccola (troppo piccola) gabbia del weekend, aspettando il preciso momento in cui questa si apre, lasciando loro lo spazio per fare a gara a chi raggiunge prima l’immensa distesa della settimana.
Niente come questo Lunedì cade, però, così “a fagiolo” per descrivere l’enorme e folle quantità di soldi che gira qui nel mondo dei cavalli da corsa.
Partiamo da roba forte. Mettete a letto i bambini. Perché verso metà mattinata ho assistito per la prima volta all’ “impollinamento” di una cavalla. Ho cercato la parola più delicata possibile per cercare di introdurre in maniera soft qualcosa che come dice Alina “it’s all but not very romantic”.
Innanzitutto a partire dal verbo utilizzato in inglese: to cover  tradotto letteralmente in italiano è “montare”  (gergo da bar del Venerdì sera) e fornisce perfettamente l’idea della brutalità e dell’assenza di delicati sentimenti della faccenda.
Qui a Yarraman Park abbiamo 4 stalloni che non vengono solo accoppiati con le cavalle della proprietà, ma vengono anche usati, come è capitato Lunedì, per cavalle di altri proprietari che hanno sentito parlare del successo avuto dai precedenti figli di uno di questi o semplicemente trovano il rapporto qualità/prezzo più conveniente che da altre parti.
Non posso, come ho spiegato nel post precedente, dare indicazioni precise sui prezzi, ma posso dire che per una e ogni “montata a buon fine” (cioè con la cavalla che rimane incinta) vengono pagati più di 20mila dollari.
Legalmente la fecondazione artificiale o assistita è proibita per i cavalli da corsa, per una politica di controllo della popolazione equina e di leale concorrenza. Infatti dal prelievo dello sperma di uno stallone si possono cercare di inseminare 4 o 5 cavalle. Il tutto viene svolto, quindi, “naturalmente” e ciò crea un piccolo problema: valendo lo stallone un sacco di soldi (non solo per il valore effettivo del cavallo, ma anche per ogni figlio nato da esso), bisogna fare di tutto perché il sesso sia sicuro e protetto da ogni rischio.
Ma veniamo all’azione!
La cavalla viene portata in uno yard-pagoda a forma ottagonale, al riparo dal sole, vicino ai boxes degli stalloni, insieme al proprio piccolo avuto da circa una ventina di giorni (tanto è il periodo che il povero utero dell’animale può riposare e tanto basta per farla stare tranquilla: le mares, finché vedono e sentono il contatto con il proprio figlio sono cavalli molto pacifici).
Il piccolino viene chiuso in un piccolo spazio tra due gate appena fuori dalla pagoda da dove non può fare altro che osservare tutta la scena. Altro che l’educazione sessuale impartita ai ragazzi e ragazze delle medie o del liceo. E’ come mettere un bambino di tre anni davanti ad  un film di Rocco Siffredi. Non credo che esista uno psicologo per cavalli (anche se l’immagine si compone molto divertente nella mia mente), ma spero, per il loro futuro, che i puledri non siano mentalmente troppo suggestionabili.

Prima di tutto si deve verificare se la cavalla è “in season”, cioè in calore.
Così ecco che, da dietro la quinta, spunta un piccolo muso bianco ed entra in scena l’animale davvero più “sfigato” della terra: il pony stallone.
Il pony-stallion è, come si può intuire dal nome, un pony maschio, più o meno alto un metro, che quando è eccitato sembra camminare veramente su 5 zampe. Ora cosa ci fa un pony-stallion con una cavalla alta più di 2 metri? Il tester. Il povero animale viene fatto eccitare facendolo avvicinare alla cavalla. Se questa lo scalcia via vuol dire che non è in calore, se resta immobile, invece, vuol dire che è pronta per essere fecondata. E così sul più bello, quando sta per rampare in groppa alla cavalla e soddisfare la propria natura, lo stalliere tira le sue redini e lo trascina via a testa china e “ a bocca asciutta”, a volte anche dopo aver preso una bella zoccolata sul muso.
Gli stalloni valgono troppi soldi per rischiare al primo colpo. Questo è anche il motivo per cui si applicano alle zampe posteriori della cavalla un paio di scarponi imbottiti come zavorra in modo che non possa scalciare o ferire in qualche modo il possente e prode guerriero. Che, attenzione, sta per entrare in scena. Ma non prima di un rapido controllo di scartoffie in modo da non commettere errori (gli stalloni valgono ognuno diverse somme) e di aver preparato al meglio la principessa. Prima di tutto, se li ha ancora, vengono tolti i punti post-parto dalla vagina, poi si avvolge la coda in una benda in modo che nessun pelo possa in qualche modo interferire nell’accoppiamento, e infine si spalma una bella palettata di vasellina per rendere il tutto più semplice e lubrificato.
Ed ecco che finalmente fa la sua comparsa l’attore principale, tenuto a freno per le redini, ecco a voi un animale possente, tutto muscoli, maestoso nel portamento e nell’aspetto. Anche la cavalla nel frattempo è tenuta per le redini, e le viene dato come morso un lungo e grosso bastone di plastica, mentre tiene d’occhio ancora il proprio piccolo, incurante dell’arrivo di cotanta possenza.
Tutto tace, tutto è tranquillo. Lo stallone è da una parte della stanza e la cavalla dall’altra, non si guardano nemmeno. Ma ognuno avverte la presenza dell’altro, e lo si nota da un enorme particolare sotto la pancia del maschio.
Piano piano, condotti dagli stallieri, i cavalli si avvicinano. Il guerriero avvicina il muso e inizia ad annusare le mammelle. Per un attimo sembra tornare bambino e quasi cercare il latte materno.  E invece hop! Ecco che improvvisamente si gira e si posiziona dietro la cavalla. Uno stalliere afferra la coda della femmina e la tiene in disparte, l’altro si assicura che tutto si infili dove si deve infilare. Il cavallo rampa con tutto il suo peso sulla schiena della compagna, mostrando in controluce la potenza dei muscoli delle zampe posteriori. La morde sulla criniera, alla base del collo. Si muove leggermente avanti indietro, in principio, ma quasi subito si assesta. E… fatto. Mezzo minuto. Un lungo nitrito lo fa impennare mentre sgroppa dalla compagna e riappoggia le zampe anteriori al suolo. Rapido lo stalliere con un secchio di acqua tiepida in un paio di spruzzi ripulisce il suo lunghissimo pene “d’oro”, e senza neanche un bacio o un banale “ti richiamo” il guerriero esce di scena abbandonando la femmina, che rimane lì, incredibilmente indifferente, come se non avesse mai avuto fino a qualche secondo prima centinaia di chili sulla schiena.
Ora non c’è assolutamente dubbio che gli organi genitali della femmina siano molto elastici negli equini, ma l’assenza di piacere nell’atto sessuale sembra totale, almeno per quanto riguarda la cavalla. Magari è solo un atteggiamento di pudicizia e di timidezza. Ma non credo.
Il godimento nel far sesso è una cosa che non viene messa tanto in luce nel considerare l’evoluzione della specie, ma in realtà il piacere sessuale e il sesso per il piacere è una delle cose che ci distingue di più dagli animali e sicuramente è stata una grande conquista nel corso del passaggio evoluzionistico. Svolgerò ricerche più dettagliate, se qualcuno fosse così interessato all’argomento.
Ma mentre ci perdiamo in queste considerazioni, la cavalla ha già lasciato la stanza con il suo piccolo e un’altra è condotta nella pagoda.
Da Novembre a Gennaio, infondo, qui è periodo di monta, non so se per un fatto naturale o per far combaciare la crescita dei futuri puledri che nasceranno tra 11 mesi con le grandi aste che si tengono in tardo Autunno (Aprile), ma penso che le due cose possano essere facilmente collegate.

Comunque se la mattina abbiamo celebrato il probabile inizio di una vita, il pomeriggio abbiamo dovuto assistere alla fine di un’altra. E anche lì chi governa il gioco sono i soldi…

Ma il racconto proseguirà dopo la pausa pizza. Martedì, infatti, è stato ribattezzato “pizza-day” in quanto da Eagles Boy,  in Scone, c’è l’offerta a 7.90 dollari per la Ham and chees.
 Qui una pizza margherita, e questi prezzi scandalosi li posso dire tranquillamente, non costa meno di 10 dollari (take away) e una prosciutto o qualcosa di un po’ più fantasioso dappertutto è servita ad una media di 15/16 dollari. Ma dove siamo IN COPPA AL VOMERO?

venerdì 14 dicembre 2012

Un mese di cacca. Parte I


Introduzione al magico e folle mondo del cavallo.

Sabato di lavoro a Yarraman Park, come da regola, solo il secondo weekend è off. Sveglia alle 5.40 del mattino, una bella tazza di caffè, un paio di jeans, due carezze a Mate, il cane della mia problematica coinquilina australiana, e quattro passi di numero per arrivare alla stazione.
Dopo una settimana, pensavo fosse tutto più noioso e difficile. E invece devo dire che non è affatto male, anzi.
Certo c’è da dire che il giorno in cui sono arrivato qui si era organizzato il party di fine stagione e Dicembre è uno dei periodi meno impegnativi e impegnati dell’anno, almeno per la parte della farm in cui lavoro io, quella che si occupa delle mares e dei folds, ovvero delle cavalle che circa 11 mesi fa sono state ingravidate da uno dei tre possenti stalloni della proprietà e dei cavallini appena nati (che in realtà dopo soli 10 giorni sono già  belli grossi che a guardarli c’è da avere un po’ di apprensione per la povera cavalla che li ha messi al mondo).
Alcune sono ancora incinta o hanno appena iniziato la lunga gravidanza. Ogni 3-4 giorni a settimana, quando viene la veterinaria scozese a visitare le cavalle, allungando un po’ l’occhio sul suo computer si può vedere lo spettacolo dell’ecografia del piccolo puledrino che si sta formando pian piano nella pancia.  E’ abbastanza impressionante vedere anche la veterinaria indossare un lunghissimo guanto di plastica usa e getta e infilare tutto il braccio su per l’ano della cavalla (è infatti dallo sfintere posteriore che il piccolo sondino dell’ecografia, dopo aver estratto i pezzettoni di cacca dall’ultima parte dell’intestino, riesce a cogliere le immagini dell’utero).
Ma qual è il mio lavoro quaggiù?
Alle 6, dopo aver agganciato un piccolo trailer al quad, con un secchio abbastanza grande e un rastrello si parte per la pulizia degli yard e delle stalle, ovvero detto terra terra si raccoglie la quantità industriale di cacca che puledri e madri hanno prodotto durante la notte.
Verso le 8, dopo aver svuotato in discarica la fruttuosa raccolta, si torna a casa per una mezz’oretta di pausa-colazione. Dopo di che, a secondo di quanto arriva la veterinaria, si va nei vari yard a prendere i cavalli scritti nella lista appesa nella “vet house”. Contando che ci sono più di 250 cavalli della nostra sezione, con i nomi più disparati e strambi, divisi per una  quarantina di paddock, i primi giorni l’impatto è un po’ traumatizzante.
Ma il lavoro non è difficile. Una volta imparato ad allacciare la briglia al collo della cavalla alla australiana non c’è niente altro che richieda un training speciale. Ci si siede sul quad con le gambe entrambe verso sinistra, le briglie nella mano dello stesso lato e piano piano si tira la cavalla fino alla vet house, con il suo piccolino che, senza bisogno di briglie, la segue allegramente e quasi sempre fedelmente(mannaggia a loro, che sono così tonti che a volte si confondono e si mettono a seguire un’altra cavalla pensando che sia la loro madre).
Ma anche nella semplicità di questi lavori bisogna stare in campana.
Punto primo, bisogna ricordarsi di chiudere tutti i cancelli da cui si entra e chiuderli il prima possibile per non far uscire i cavalli che altrimenti correrebbero in giro liberamente per la proprietà con il rischio di danneggiare qualcosa o, peggio, di farsi loro del male.
In secondo luogo, bisogna tenere le briglie bene in pugno, perché se il cavallo dovesse scappare con le briglie al collo, c’è un’alta probabilità che queste gli si attorciglino ai piedi, facendogli rompere una gamba o l’osso del collo.
Terzo, i cavalli sono animali sensibilmente stupidi e si inchiodano sul posto senza un motivo, così di punto in bianco. E guidando a 15/20 all’ora sul qaud, non è così raro slogarsi una spalla o il polso.
Punto quarto. I cavalli possono scalciare. E i puledrini non sono ancora molto ben abituati al contatto umano. Soprattutto nei boxes delle stalle, dove lo spazio è piccolo, e dove puntualmente i cavalli stanno in piedi proprio dove dovresti pulire, you have to keep a sharp eye.
Finito il lavoro con la veterinaria, dopo aver riportato i cavalli alle rispettive case, per quanto mi riguarda, ho di solito un paio di compiti: o arare i campi, in modo da far crescere più erba possibile, o preparare nell’infernale macchina modello 15-18 le misture per dare da mangiare ai cavalli.
In un enorme mixer, veramente, ma veramente vecchio, vengono mescolati insieme oats, pellets, oil, chaff, proteine, minerali e varie ed eventuali, secondo old-fashioned (questo è proprio l’aggettivo usato dal mio capo) ricette. Oats and Pellets sono contenuti in enormi cisterne esterne, da cui vengono risucchiati 180 kg per ognuno solamente premendo un bottone, ma gli altri ingredienti sono disgraziatamente contenuti in bags di plastica o cartone di circa 30-40 kili che devo sollevare e portare a mano con grande gioia della mia schiena e delle mie spalle.
Una cosa è certa: lavorare in campagna è il miglior modo per farsi crescere i muscoli senza spendere soldi per fare palestra.
Una volta che le pale metalliche hanno mescolato a sufficienza gli ingredienti, i circa 600 kili di cibo (per una mistura singola) fluiscono in una piccola cisterna squadrata, aprendo e chiudendo con una leva una piccola botola sul fondo. Qui un tubo di plastica, tramite una piccola ventol risucchia (o dovrebbe succhiare) la mistura verso un altro tubo metallico sotto cui si posizionano di volta in volta i sacchi da riempire, circa una ventina a volta. (Per dare una rapida idea, con una busta si nutrono 5 cavalli)
Ma, soprattutto quando bisogna preparare la mistura speciale per la preparazione degli yearlings, la mistura troppo secca e densa si blocca nella piccola cisterna squadrata, creando una specie di bolla d’aria che impedisce del tutto al tubo di risucchiare il cibo. L’unico modo per sbloccarlo è interrompere ogni volta il lavoro e con un tubo di gomma rigida, stantuffare come dei matti (e quando dico matti, intendo “imprecando contro il firmamento, perdendo 8 kili di sudore ogni volta”), in modo da bucare il piccolo blocco denso formatosi, creando una piccola voragine al centro, in cui il cibo possa ritornare a cadere dalla botola direttamente sopra la ventola. Tutto ciò accade almeno una ventina di volte, e un lavoro che normalmente dovrebbe richiedere 45 minuti, si trasforma in un inferno di 2 ore, in cui tutta la calma e la pazienza accumulate nel ritmo lento e spiritualmente rilassante (e non lo dico per scherzo) della pulizia degli yard o dell’aratura dei paddock svaniscono di colpo.
Ma ho nominato gli yearlings e non ho ancora parlato dell’altra parte della farm, quella appunto che si occupa di questi giovani e promettenti cavalli da corsa che a Gennaio saranno portati verso la Gold Coast, dove verranno venduti all’asta.
Di là hanno un periodo maledettamente busy, con gli ultimi preparativi e allenamenti per presentare al meglio gli animali tra ormai meno di 20 giorni.
E’ simpatico vedere alcuni allenamenti dei cavalli. Penso che tutti abbiano presente la ruota del lunapark, quella per bambini che gira piano piano in tondo e su e giù, dove puoi salire sulla carrozza di cenerentola o quella del far west, sul cavallino o sul bruco. Ecco, se ci togliete le mille luci e la voce che ogni 5 secondi ripete “forza gente, un gettone 1000 lire, cinque gettoni 5000 lire”, avrete chiara l’immagine del mega ruotone in cui i cavalli girano in tondo ore camminando annoiatamente in circolo, spinti e separati l’uno dall’altro dallo stesso meccanismo delle porte girevoli dei grandi centri commerciali o delle banche.
Tutto ciò per rafforzare la muscolatura delle gambe.
Gambe, che da quello che ho appreso, devono essere perfettamente dritte, in quanto questo è un parametro che occupa una buona parte della valutazione per un cavallo da corsa.  Per questo in questo periodo i piccoli appena nati, dopo una ventina di giorni, vengono sottoposti a delle vere e proprie operazioni chirurgiche per ruotare le ossa della gamba in modo che crescano perfettamente in modo corretto.
Questa è solo la prima parte di ciò che accade qui, il resto lo svelerò a poco a poco: la prossima puntata parlerò delle quantità industriale e imbarazzante di soldi che girano in questo folle mondo delle corse dei cavalli.
Non potrò entrare nei dettagli troppo in particolare, perché nel contratto che ho firmato c’è una clausola di confidenzialità, per la quale noi non possiamo rivelare troppo su cosa accade qua, né i nomi dei cavalli, né come, quando, se vengono sottoposti a varie operazioni o regime alimentare o training speciali.
Da questo punto di vista mi sento un po’ come nei laboratori segreti degli scienziati americani sperduti nel deserto del New Mexico, che studiano le reazioni dell’uranio per costruire la bomba atomica.
Dico solo che alle 3 ogni pomeriggio c’è un altro turno di raccolta cacca negli stessi identici yard che abbiamo pulito la mattina, tutto ciò per dare l’idea di quanto vanno di corpo quelle maledette creature. Io gli preparo il cibo, io ne raccolgo i resti. Ognuno, infondo, deve prendersi la responsabilità delle proprie azioni.