domenica 14 ottobre 2012

No pets in Australia


Coonabarabran (tanto per cambiare un nome normale) è uno dei tantissimi piccolissimi paesini dell’outback australiano, spuntati quasi per errore in mezzo ad una distesa immensa di silenzio, tra proprietà che superano l’orizzonte e che a volte sono così grandi che neanche il cielo sembra possa contenerle. A sette ore da Sydney, ancora nel cuore dello stato del New South Wales, si capisce già la vastità di una nazione-continente che supera di gran lunga le dimensioni della cara vecchia Europa.

La terra bruciata e la sterpaglia gialla in qualche angolo lasciano il posto quasi per pigrizia di dover riempire tutta questa vastità, a prati e a qualche eucalipto che costeggia la lunghissima strada che porta a Kulaba, la fattoria dove si doveva tenere il corso per i backpackers cittadini che volevano o dovevano, a causa del rinnovo del visto, provare l’esperienza del lavoro in campagna.

Craig, il fattore che ogni settimana tiene il corso per una dozzina di persone, è un tipico uomo dell’outback con il cappello da cowboy e le dita gonfie da anni di duro lavoro. Parla un’inglese difficile da capire, quando deve dare gli ordini usa poche parole e, abituato ad un lavoro veloce ed efficiente, perde facilmente la pazienza. Ma la sera davanti a una (facciamo anche un po’ di più) lattina di birra, diventa, rutto libero a parte, una persona assolutamente più civile.

Il suo umorismo si basa spesso sul terrorizzare simpaticamente i poveri cittadini finiti nel suo corso: scosse elettriche sul sedere, surf sui tronchi che stanno bruciando sul falò, giochi idioti il cui scopo e scagliare un coltello il più vicino possibile ai piedi del proprio compagno o nel mio caso, e devo dire che è stata una delle cose più adrenaliniche della mia vita, mettere un povero disgraziato su un toro e fargli provare un vero e proprio rodeo.

La frase della settimana? “No animal lovers in Australia. No pets, just animals.”

Il primo giorno passato in un recinto di mucche è, infatti, un piccolo trauma.

L’obbiettivo è quello di farle entrare sei o sette alla volta in un recinto e poi in un passaggio strettissimo dove, schiacciate l’una sull’altra, non si possano muovere e possano essere vacinate con una siringa normalissima, infilata velocemente nella parte superiore del collo.

Il mastering delle mucche, come quello delle pecore e dei cavalli, segue regole molto semplici: stare sempre dietro agli animali e mantenerli compatti, quando si è raggiunto il numero di animali sufficienti mettersi davanti agli animali e farli tornare indietro. Ovviamente il primo giorno, buttato lì in mezzo con altre 12 persone in panico totale con la confusione che regna sovrana, tutto è molto più complicato.

“Come on, guys! Keep thinking! Stick to the instructions!”

Ovviamente le mucche non intuiscono sempre le tue intenzioni, o se le intuiscono a volte cercano di rifiutarsi di seguire i comandi. Così si devono usare le maniere forti. Bastonate sul di dietro e, per farle avanzare, una bella strizzata alla coda (puntualmente immersa nella cacca fresca fresca).  E’ stato un trauma vedere la violenza decisa usata da Craig su quelle bestie, ma dopo aver preso due bei calcioni da una vacca, i sensi di colpa sembrano passare molto in fretta.

La cosa un po’ più disgustosa all’inizio, però, è controllare l’età di una mucca, che si stabilisce in base alla sua dentatura. L’animale viene messo da solo in una piccola gabbia, infondo alla quale è posizionata una specie di ghigliottina orizzontale che viene chiusa al suo passaggio in modo da bloccare la testa. Dopo di che si mettono due belle ditone dentro al naso sudicio e con l’altra mano si fa una leggera pressione sul labbro inferiore in modo che la mucca, tendenzialmente seria e permalosa, possa finalmente e felicemente sorridere, mostrando tutti i suoi denti, o se è vecchia, quel che ne rimane.

Le pecore sono un po’ più facili (per lo meno non scalciano e non defecano e pisciano liberamente).  Il problema è che sono molto attaccate al gregge, e per prenderne una e separarla dai suoi “amici” bisogna ingaggiare una lotta tipo wrestling, agganciando le mani sotto al loro collo e le gambe al corpo e spingerle a fatica, mentre belano e si dimenano come pesci fuori dall’acqua, nella stalla. Una volta lì, poi, vanno ribaltate e messe sedute per la tosatura. Anche lì, viva la violenza! Bisogna posizionarsi sul lato della pecora prenderle il muso e fargli ruotare la testa di 180 gradi, in modo che la povera bestia, se non vuole rompersi il collo, deve lasciarsi andare per terra. Poi la si solleva per le piccole zampine anteriori, facendo bene attenzione a tenere la testa il più dritta possibile per evitare che scalcino.

In genere, però, nelle centinaia di immensi recinti in cui è suddivisa la proprietà, gli animali vengono condotti o su motociclette da cross o su quad oppure su un cavallo.

Finalmente ho avuto una motocicletta a marce per il mio compleanno! E nonostante il primo giorno mi sia quasi andato a schiantare contro un albero, devo dire che me la sono cavata piuttosto bene. Ma mai come sul cavallo.

Little Jonny, questo il nome del “ronzino” che mi hanno assegnato, sembrava uno dei più facili e mansueti, soprattutto per le sue dimensioni non troppo grandi, anche se il suo passato nelle corse ippiche, abituato a cavalcare a grande velocità verso il traguardo, era ancora un ricordo vivo della sua memoria.

Non avevo mai galoppato prima su un cavallo, forse neanche andato al trotto (LJ in quello era pessimo, ha distrutto la schiena a tutti quelli che l’anno cavalcato), ma dopo dieci minuti con sorpresa mia e di tutti ero già lì che galoppavo abbastanza tranquillamente nel paddock. Così sono passato subito alla fase successiva: il mastering su un cavallo. Nonostante il mal di schiena causato dallo sballonzolare lentamente sul terreno scosceso al passo con le lentissime mucche, l’andata è stata assolutamente senza problemi. Condotti gli animali in un recinto a quasi cinque-sei chilometri dal punto di partenza, bisognava soltanto tornare indietro.

E Little Jonny odia arrivare secondo. Famoso per essere difficile da fermare quando parte in quinta, si è catapultato a proiettile non appena aperto il primo gate con me sopra che urlavo “FUUUUUUUUUUUUUCK!!!!”.  Scena molto divertente da vedere da fuori. Finché dopo un bel po’, forse illuminato da una intuizione derivata da qualche grado di parentela equinofilo, tenendo le redini ben strette, le ho spostate violentemente verso sinistra riuscendo a far virare il cavallo che, dopo aver decelerato per la curva, è stato più facile da fermare.

 

Qualunque cosa succedesse di giorno però, ogni sera ci si ritrovava tutti insieme attorno ad un bellissimo falò, sotto una coperta di stelle, qualcuna anche cadente, con il fumo grigio che saliva in alto confondendosi con quello bianco e lontanissimo della via Lattea.

E tra una birra e l’altra, tra una chiacchera e l’altra, si rimaneva spesso incantanti nel guardare quei tronchi di legno bruciare, veloci come il tempo, lasciando alla fine della settimana solo una montagna di cenere. Ne ho presa un pochettino e mi sono sporcato le mani, per ricordarmi che tutto passa velocemente e che ogni legno va bruciato fino infondo per godere pienamente del suo calore, perché le notti a cinque gradi dell’outback sono veramente fredde.

 

Ora sono a lavorare in una bellissima fattoria più verso la civiltà, a Scone, a “sole” tre ore e mezzo da Sydney, proprio all’inizio dell’outback. Sono per ora tre settimane in cui il lavoro è quello di marchiare le pecore. Poi non so se mi terranno qui per un po’ di più o mi lasceranno andare. Dipende da quanto sarò bravo o se ci sarà ancora del lavoro in cui io posso essere utile. Ma come dice Nils, un mio compagno di corso tedesco, “ Never make a plan in Australia”.

La fattoria si chiama Rossgole, e occupa una immensa collina in cima alla quale c’è la villa-reggia di Frank, il padrone della tenuta, e della moglie inglese. E’ sicuramente uno dei posti più belli in cui io potessi capitare. Ho la mia macchina (con il volante rigorosamente a destra), la mia stanza, la mia cucina, e un paesaggio sterminato tutto intorno a me. Spero davvero di fare bene. Come andrà, lo racconterò prossimamente. Quando e dove non lo so ancora…

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