sabato 27 aprile 2013

Tre personaggi che non cercano autore II


Questione di quoziente intellettivo

I più malefici possono insinuare che la ragione del comportamento di Mate fosse una pura questione di denaro. Essendo fissata una quota di circa il 15% del pescato per l’equipaggio, ripartita in base all’esperienza e alla performance lavorativa, il continuo lamentarsi della crew avrebbe portato ad accrescere la sua percentuale rispetto alla nostra.
In realtà, per quanto non sia una ipotesi da escludere, il vero motivo era un altro.
Ho già scritto di come Mate durante tutto il viaggio abbia cercato di dimostrare di poter diventare un bravo skipper e la prima skill richiesta ad uno skipper è quello di saper scegliere il proprio equipaggio.
Decky aveva lavorato con Mate su un’altra nave, un anno prima. I due, nonostante la differenza abissale di esperienza (per Decky era stata quella la prima esperienza), erano entrambi Deckhands e insieme si erano trovati molto bene. Nonostante già allora il loro capo  fosse molto scontento di Decky, Mate pensava che il basso rendimento del ragazzo fosse dovuto al fatto di essere costantemente tenuto sotto pressione e che in realtà lontano da quei rimproveri infondati sarebbe stato un ottimo elemento. Per questo lo aveva chiamato personalmente e gli aveva dato il lavoro dopo aver insistito con il Capitano per la sua assunzione. Ma la situazione per DEcky non sarebbe poi stata così diversa rispetto al trawler precendete.
In realtà a mio avviso era davvero bravo. Il suo problema era di natura caratteriale. Non voglio entrare in dettagli troppo personali, di cui la mia scarsa istruzione in psicologia e un velato senso di rispetto mi impediscono di parlare, ma la situazione famigliare complicata (anche in questo caso) e l’ambiente dove il ragazzo si era trovato a crescere avevano prodotto in lui qualcosa che potremmo chiamare “sindrome di Batman”.
Il nome del supereroe non è scelto a caso, in quanto il primo ricordo che ho di Decky e del suo arrivo in barca sono questi due enormi sacchetti di fumetti del Cavaliere oscuro, le cui imprese in versione cinematografica hanno consumato il lettore DVD della Galley. Giorno per giorno.
Lui doveva fare tutto, lui doveva essere il migliore, lui e solo lui poteva fare determinate cose, perché era muscoloso, perché era alto, perché era bravo, perché si doveva far assolutamente vedere, perché doveva dimostrare tutto ciò agli altri e a se stesso.
Insomma, era un po’ come rivedere in uno specchio quella parte di me che oggi, dopo la rovinosa caduta dal quad a Rossgole, dopo il fallimento dell’esperienza di venditore a Sydney e dopo aver rischiato di non ottenere il lavoro al corso in Coonabarabran, ha imparato la più semplice lezione della vita “strafare=sbagliare” e in certi ambienti è anche sinonimo di pericolo.
A questa Bat-sindrome si univa un irritante atteggiamento di superiorità soprattutto nei pedanti sfoggi nozionistici e negli atteggiamenti verso di me, suo pari, e verso i suoi superiori, dovuto al fatto, a mio avviso, di essere stato “montato” fin da piccolo per il suo alto quoziente intellettivo.
Il test del QI viene sottoposto regolarmente agli studenti australiani, a mio avviso in maniera pericolosa in quanto figlio di una deriva positivistica che assolutamente non determina  le capacità e l’abilità che il bambino potrà sviluppare nella crescita e il successo che da queste potrà ricavare nella sua vita, come dimostra esemplarmente la storia del collega Forrest Gump o quella di chiunque altro al mondo, pur non avendo le doti ricercate nel test, è riuscito a eccellere con le sue proprie qualità.
Fatto sta che Decky era veramente dotato a livello logico e matematico, in grado di svolgere a mente calcoli matematici complessi come moltiplicazioni a tre o quattro cifre, ma aveva una memoria e una capacità di concentrazione praticamente nulle.
Dalle piccole cose alle più grandi. Da dimenticarsi di pulire il microonde dopo che il Capitano glielo ha chiesto gentilmente a tavola cinque minuti prima, a dimenticarsi di spostare le scatole all’interno del freezer in modo da far surgelare per bene anche quelle dell’ultimo shot.  Da imbambolarsi davanti alla televisione e metterci ore ed ore a cucinare la cena e la colazione, togliendo a tutti minuti preziosi di riposo, all’episodio più grave di tutti: l’aver ributtato in mare una gigantesca pearl-shell, contrariamente all’esplicito ordine del capitano, una conchiglia che probabilmente al suo interno custodiva un valore di qualche migliaio di dollari e che il Capitano aveva già nell’eccitazione promesso alla moglie come regalo per il ventesimo anno di matrimonio, dopo aver navigato per più di un’ora alla ricerca di ricezione sul proprio telefono.
E così ogni giorno dovevo sorbirmi il ritornello “he’s got 140 IQ, But it’s more stupid than me!” con il sempre più imparanoiato Mate ferito dal fatto che colui per cui aveva speso parole non si era rivelato all’altezza delle aspettative. Così aveva smesso di fidarsi completamente di ognuno, accentrando su di se tutto il lavoro, innescando la devastante reazione a catena di stress che ha condizionato tutto il viaggio e che è culminata con un’altra rissa.
Un caldo pomeriggio della sesta settimana, dopo aver dormito in una sauna a causa dell’ennesima paranoia di Mate che a furia di cercare di abbassare la temperatura del condizionatore (già a 15 gradi!) aveva finito per mandarlo in tilt, Decky si è iniziato a lamentare per essere preso troppo di mira and to be flustered in continuazione, condizione secondo lui che lo portava a sbagliare continuamente e a non poter far bene il proprio lavoro.
Ne è nato uno scambio acceso di battute di cui non conosco il contenuto, in quanto io dalla cucina osservavo la scena tranquillamente davanti ad una tazza di caffè, proprio dal buco nella parete lasciato dal defunto condizionatore. I due infondo era un mese che si lamentavano l’uno dell’altro (in realtà Mate sparlava di me con Decky e di Decky con me indistintamente) ed avevano bisogno di un chiarimento. Ma poi il pazzo del villaggio ha iniziato ad accusare il nostro integerrimo supeeroe di essere un ladro per la sua odiosa abitudine di rovistare un po’ troppo nel frigorifero e di tutta risposta il giovane gli ha rinfacciato di essere peggio (cosa su cui non si può non essere d’accordo). Insomma un battibecco tra due bambini che aspettavano solo un pretesto per alzare le mani.
Così Mate, che fino a quel momento era seduto con la sigaretta in bocca, facendo finta di leggere un libro, con la rapidità di un bradipo stanco si è alzato e ha caricato il destro diretto alla faccia di Decky che, dopo aver bloccato il pungo senza grandi difficoltà, è passato rapidamente al contrattacco e con una mossa d’arti marziali ha stretto il braccio dell’antagonista in una morsa dolorosa.
Se parlate con Mate oggi, ovviamente, vi dirà che lui ha avuto pietà del giovane e non ha voluto fargli del male, la realtà è che se Decky non si fosse controllato probabilmente quel braccio glielo avrebbe rotto, mentre l’altro ordinava invano di lasciarlo andare piegato sulle ginocchia.
E io ero lì, tranquillamente a bermi il mio caffè, sgranocchiando biscotti come al cinema i pop corn.

“Una volta sono stato in mare 253 giorni, è stato il viaggio più lungo. 52 giorni o 253 passano esattamente allo stesso modo”. E’ incredibile come passa velocemente il tempo su una barca, come questo si avviti su se stesso sempre uguale, senza sosta.
E così di tutto quello stress resta solo il ricordo appannato da altrettanti momenti belli e di risate, come quelle che ci siamo fatti io e il capitano, osservando quei due continuare a discutere ancora e ancora per un’altra ora, ma senza più arrivare alle mani ( probabilmente Mate si era reso conto che era meglio astenersi dal contatto fisico). A distanza di quasi una settimana dal nostro ritorno in porto, nonostante sulla nave abbia cercato di sostenere Decky, devo riconoscere che, risfogliando i ricordi nella mia memoria, a dire il vero, Mate non aveva tutti i torti.
Diceva che Decky poteva sortire più velocemente di quello che faceva. E in effetti l’ultima settimana, preso dalla voglia di rivalsa dopo che, per ridere, il Capitano gli ha ordinato di indossare per una giornata intera una virile mini-gonna nera, in quanto come le donne “aveva sempre da rispondere e da ridire”, andava al doppio della velocità.
Diceva che prima o poi le disattenzioni del ragazzo avrebbero fatto del male a qualcuno e in effetti un paio di episodi sono stati davvero pericolosi. I serpenti marini che finiscono sul tavolo da sorting vengono presi per la coda e velocemente rilanciati in mare, prima che qualcuno ci possa finire vicino senza accorgersene. Buon senso vuole che si avvisi il proprio compagno in modo che si possa spostare. Ma Decky di buon senso ne aveva ben poco ed è così che mi è arrivata in faccia una frustata di uno degli animali più velenosi del mondo, grazie a Dio, senza alcuna grave conseguenza.

Ma non sono stato l’ultima vittima. L’ultimo giorno in porto il figlio di 9 anni del Capitano si stava divertendo a pulire i freezer in fase di scongelamento della barca e sia mai che qualcuno, specialmente un bambino, possa svolgere un lavoro sotto i suoi occhi senza che lui intervenga!
Così per far funzionare la pompa per aspirare l’acqua ha posizionato il peso da 5 kg di piombo della bilancia sul cavo nero d’alimentazione esattamente al bordo del freezer dove lui e il bambino stavano lavorando.
Risultato: il bambino ha tirato sbadatamente il filo e, dopo un volo di un metro e mezzo, il peso di piombo è atterrato sulla testa di quest’ultimo, dopo aver smorzato, per fortuna, la propria velocità sul braccio (è proprio il caso di dirlo) dell’imbecille.


E’ vero, il tempo sulla Angelina Star è stato a volte molto stressante, come le pagine del mio sgrammaticato diario di bordo raccontano. Ma nell’entrare nel ruolo del pescatore, oltre a divertirmi a far crescere la mia barba come un vecchio lupo di mare ho anche imparato quella sottile arte di dimenticare  e oggi quei momenti passano nella mia testa leggeri come nuvole, sovrastati da un ‘immensità di risate, di cose imparate e di meraviglie impresse infondo ai miei occhi.
E così, come un buon uomo di mare, smorzerò tutta questa tensione con la solita battuta o barzelletta di basso bordo o a sfondo sessuale, presa direttamente dal ripetitivo repertorio del Capitano. (mi scuso per la volgarità da bar, ma oltre ad aver promesso che avrei raccontato questa barzelletta ai miei amici una volta tornato a casa, è una significativa esemplificazione della “comicità di mare”).

C:Hey Gab, what are nuts on the wall? Wallnuts. What are nuts on your chest? Chestnut
And what are nuts on your chin?
Io: Chinnuts?
C: No, a mouth full of cocks!

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