Eccoci qua, esattamente due mesi dopo aver
lasciato Sydney, dopo 55 giorni, domani finisce la mia avventura a Rossgole.
Sono successe tantissime cose, ma ciò che mi
mancherà di più è la quotidianità di un bel lavoro, di un piccolo equilibrio
quasi perfetto, tra la rilassante solitudine della mia cameretta, le cenette
deliziose, le pause caffè del mattino e del pomeriggio e i weekend in giro per
la valle e oltre, a cercare di scroccare la connessione internet dei vari
MacDonald, davanti ad un cappuccino e una fetta di torta tutta grassi in
offerta a meno di 5 dollari.
Mai come gli affari fatti da “Big W” dove
sabato scorso sono riuscito a comprare un paio di scarpe per 4 dollari e una
confezione di 10 film per 5 dollari. Alla faccia del caro vita australiano! (
facciamo fruttare i soldi guadagnati al pub due weekend fa).
Mi mancherà Kev che è troppo educato per darmi
dell’idiota quando faccio una delle mie solite cavolate (ultimo danno: si è
rotta l’antenna della radio della mia macchina), il sudafricano Fos e le sue
frasi tipiche come “Don’t get fucking silly!” quando gli agnelli o le pecore
cercano di ribellarsi e “Fucking shit of a thing!” quando si ribellano e si
rifiutano di entrare negli yard. Ella, la moglie di Fos, (disgraziatamente con
lo stesso nome del cane più vecchio della proprietà), che è diventata il mio
manager ufficiale, procurandomi contatti di lavoro in Queensland per altre farm
o per la pesca, e un programma di stretching a prova di bomba per la mia
schiena e la mia spalla malandati.
Penso che le mie mani piene di schegge, graffi
e vesciche, siamo le uniche contente di cambiare lavoro.
Comunque nonostante sia l’ottava settimana, ho
fatto in tempo a vedere e imparare ancora nuove cose.
Prima di tutto l’utilizzo di” eccitanti” sugli
animali. Per preparare al meglio quei “montoni” ( e mai termine fu più
azzeccato) dei rams che il mese
prossimo saranno mandati nei paddock con le pecore da fecondare, infatti, ai
normali corns della mattina abbiamo
aggiunto del lupin, una sorta di viagra naturale, in piccole
granuli rotondi, non di colore blu, ma di un marroncino slavato (che funziona
anche sull’uomo… ma questa è un’altra storia…).
L’unico risultato per ora è che sono più
affamati e incontrollabili di prima e la mattina quando c’è da dargli da
mangiare è davvero un assalto all’arma bianca, che inizia puntualmente davanti
alla porta di camera mia, dove iniziano a belare alle 6 di mattina appena
spunta il sole.
Periodo duro per le povere pecore, comunque.
Periodo di weening, e ciò significa
la cosa più dura per una madre: separarla
dal proprio pargoletto. Un lavoro lunghissimo che richiede un giorno (e a volte
di più) per paddock.
Dopo aver condotto le hewes and lambs negli yards della
station (lavoro che può richiedere
anche più di 2 ore per i paddock più lontani), si fanno passare tutti insieme
per un piccolo corridoio alla fine di cui c’è un piccolo cancelletto
semovibile, che costituisce il bivio: le mamme a sinistra e gli agnellini a
destra. Non un lavoro facile per Frank.
Tra il pianto o bleeting dei piccoli angnellini, le madri vengono condotte in un
altro piccolo corridoio dove vengono backlined
e sottoposte al controllo dei denti.
Il backline
è un lavoro molto fashion, in quanto consiste nello spruzzare sulla schiena
delle pecore una sostanza che difende la lana dall’aggressione delle mosche
(che stanno diventando miliardi e miliardi) che è di colore maledettamente rosa shocking.
Il controllo dei denti, quello a cui io sono
addetto, serve invece per identificare le pecore più vecchie, che non vengono
più rimandate indietro negli yard, ma vengono portate nei paddock di Cambria e
vendute al macello verso la fine del mese. Le pecore, per la cronaca, hanno una
dentatura strana: una decina di denti solo nel palato inferiore, nessuno nella
parte superiore che è leggermente arretrata ( il che mi ricorda una barzelletta
stupida di “signore, signore a me quando piove entra l’acqua” “a me no!”
difficile da raccontare per iscritto in quanto richiede una stupida mimica
facciale). Tutte le pecore con i denti dondolanti o mancanti, o con troppo
spazio tra l’uno e l’altro, vengono segnate sul muso con un gesso blu
(esattamente lo stesso che si usa per arrotondare la punta della stecca da
biliardo) e usando lo stesso metodo del cancelletto semovibile si separano
dalle più giovani.
Successivamente si passa ai piccoli lambs, il cui comportamento non è
affatto differente a quello di una mandria di bambini di quattro anni in panico
mentre cercano la propria mamma e sono braccati da cani che abbiano e uomini
che fanno versi strani per farli avanzare.
Per farli andare dove devono andare ci vuole
tanta pazienza, qualche sberla e essere abbastanza rudi da non farsi
impressionare dai loro occhioni.
Anche per loro backline, vaccino (giusto per la scienza in 6mL di liquido
biancastro si prevengono enterotoxaemia,
tetano, balck disease, malignant oedemia, blackleg e si controlla il caseous lymphadenitis) e drench.
Il problema è che essendo così intrattabili,
non si possono far entrare più di una ventina per volta nel corridoio. Ed ecco che entro in scena io: il compressore:
con un piccolo pannello di metallo, come una pressa, li schiaccio e li tengo
premuti belli compressi contro il cancelletto frontale. Nonostante la situazione
diventi una specie di tetris, in quanto finiscono inevitabilmente uno sopra
l’altro, soprattutto per l’istinto naturale di cercare di nascondere la testa
quando hanno paura, con un po’ di forza e di “fucking shit of a thing!”, dopo
un intero pomeriggio si è pronti a condurre gli agnellini in un altro paddock
dalla parte opposta della tenuta dove le loro madri nel frattempo sono state
condotte.
Il titolo “agnello dall’occhio insanguinato” è
dovuto al fatto che a volte la puntura del vaccino fatta appena sotto l’occhio,
buca troppo in profondità la vena e lascia i poveretti pronti per il cast di un
nuovo film di Dario Argento.
Tutto ciò mi ha fatto sorgere una domanda: ma
le madri riconoscono e/o si ricordano i loro piccoli?
Fos mi ha detto che una pecora riconosce il
belare del proprio agnellino tra mille e se si mettono in un piccolo recinto
cinque pecore e cinque agnellini, ognuno riconoscerà immediatamente la propria
madre e viceversa. Ma le pecore non hanno una memoria da elefante. Così dopo
una settimana di separazione si sono dimenticate del verso del loro piccolo, e
non sono più in grado di riconoscerlo.
Lo stesso, forse con tempistiche diverse,
accade per i cani. C’è una cagnetta, che appartiene a Kev, che è madre di circa
cinque-sei cani che attualmente lavorano qui. Solo due di questi sembrano
riconoscerla ancora come mamma, e sono gli altri due cani di Kev, che vivono
nello stesso piccolo canile con lei.
Chissà se tutto ciò potrebbe valere anche per
una donna che ogni anno fin da quando ha 14 anni a quando ne ha 40, avesse
figli ogni anno da cui venisse separata dopo 3 mesi dalla nascita di ognuno.
Le pecore e gli agnellini hanno, infondo, la stessa
memoria corta di Peter Pan (il libro originale che ho letto prima di andare a
letto, queste sere, ha abbastanza differenze rispetto alla famosa versione
Disney o a quella dei vari film).
Sperando di essermi ricordato come si usano i
congiuntivi e i condizionali in italiano, essendo che da 2 mesi è diventata una
lingua morta usata solo per scrivere (il che fa molto letterato del
Trecento-Cinquecento), passo e chiudo con i dubbi che Rossgole mi ha lasciato
sul mondo:
quante cose che noi consideriamo naturali
probabilmente sono state solo costruzioni per creare una società con un po’ di
ordine? E quanta differenza c’è tra un essere umano nel suo lato a-razionale e
un animale? Il pollice opponibile, probabilmente.
Ma soprattutto: è grave se mi è piaciuto
vedere la partita di cricket SudAfrica- Australia?
(dopo 15 giorni e 3 partite, Sud Africa batte
Australia 1-0, dopo i pareggi delle prime due partite. E pareggiare o perdere
dopo cinque giorni di partita, un po’ sicuramente girano…)
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