Grande nazione di cavalli e “equinofili” l’Australia.
Martedì scorso quasi centomila persone erano radunate
all’ippodromo di Melbourne per la finale della Melbourne Cup, una delle più
famose horse races del mondo. Una
data segnata su ogni calendario, un evento che come la finale di Champions
league di calcio in Europa calamita un sacco di persone davanti alla
televisione.
Ha vinto un fantino di Hong Kong, su un cavallo australiano
addestrato da un italiano. Più tipico di così!
Pensavo sinceramente di aver scritto ormai tutto per questa
settimana, che nulla di più poteva accadere. Guidavo il mio quad su quei cinque
minuti di strada sterrata che separano la mia stanza e la casa padronale dove
ci si riunisce ogni sera per la cena. L’imbrunire rendeva come al solito il
paesaggio di Rossgole quasi surreale, gli alberi dipingevano di nero i loro
profili in lontananza mentre il vento allungava le nuvole diluendo il colore
blu del cielo nell’arancio rovente dell’ultimo spicchio di sole dietro la
collina.
Non so cosa mi abbia fatto girare la testa verso est, ma
laggiù, nel paddock dei puledri appena nati, erano parcheggiati due utes.
Fos questo pomeriggio aveva portato una cattiva notizia. La
cavallina appena nata qualche giorno fa non sembrava in grandissime condizioni,
ma non essendo esperto in materia, aveva preferito chiamare Hayley e Frank per
chiedere un’opinione. Per fortuna dopo
tre stalloncini consecutivi era nata una femmina. I maschi dei cavalli, alcune
razze, sono meglio per le corse. Le femmine, invece, vengono usate nel Polo, lo
sport più praticato qui nell’Hunter Valley.
Il primo ute era
sicuramente quello di Frank. Ma a fianco in lontananza c’erano altre due
figure, vicino ad una macchina color argento.
Erano i verterinari, marito e moglie, amici di famiglia, accorsi non
appena contattati e non appena appresi i sintomi che non facevano prevedere
nulla di buono. Le urgenze per i veterinari, con tutti gli animali che girano
qua intorno, sono all’ordine del giorno qui (a volte anche all’ordine della
notte).
Il piccolo corpicino era disteso a terra, già circondato da
qualche mosca, come al solito, impertinente. La madre girava lì attorno, non
troppo da vicino, faceva a volte finta
di niente, brucava l’erba, ma intanto girava la testa verso di noi e a volte si
avvicinava giusto per dare qualche amorevole leccatina alla piccola. Come una
donna stava lì, lasciando che i dottori visitassero la figliola, e da lontano
sembrava dire “Vedrai, gli uomini. Loro sistemano sempre tutto, non temere. Ne
ho visti di uomini, hanno sempre un rimedio per tutto”.
“Incredibly Unlucky”. Il veterinario con le braccia conserte
stava finendo di riepilogare la situazione a Frank.
Quando il sangue di uno stallone non è compatibile con il
sangue di una cavalla, quest’ultima sviluppa degli anticorpi appositi, che di
solito sono innocui per il puledro. Capita, rarissimamente, che nelle milioni
combinazioni di geni, il padre sia negativo e la madre positiva a qualcosa che
ci deve essere scritto in qualche libro di medicina per animali avanzata. Così
che gli anticorpi della madre contenuti del Colostrum,
il primo latte materno, invece di proteggere il nuovo corpicino, attaccano
i globuli rossi e li distruggono.
Che strana la natura. La stessa fonte di vita distrugge la
vita stessa che ha creato.
Era stupido chiedere a che cosa servisse quella puntura
dritta nel collo della puledra. La chiamano “green sleeping”, un sonno
profondissimo dove i confini con la morte sbiadiscono come le figure nere degli
alberi nel cielo sempre più scuro dopo il tramonto.
Chissà se la mamma era abbastanza intelligente da capire che
la sua piccola non stava semplicemente dormendo. Chissà quanto è traumatica la
morte di una piccola per un cavallo o per un animale in generale. D’altra parte
le pecore e le mucche sembrano quasi non riconoscere i propri figli in mezzo
alla moltitudine di agnellini, è come se i loro figli fossero in comune nella
mandria e non appartenessero più a una madre, ma a tante.
Il tramonto di Rossgole si è improvvisamente sfuocato dietro
ai miei occhiali, giusto per un attimo. La madre era lì vicino alla piccola, le
macchine erano ormai già lontane. La puledrina lì distesa a terra ancora
respirava. E il suo respiro era come una
piccola brezza che pian piano portava via la sua anima, o qualcosa del genere,
e la portava lontano, lassù, per conservarla preziosa fino al nuovo giorno,
quando sarebbe ritornata sotto qualsiasi altra forma.
D’altra parte gli scienziati dicono “Nulla si crea e nulla
si distrugge”, i filosofi “Tutto scorre”.
C’è una grande verità nascosta nelle profondità delle onde
di queste colline. Lo spirito la intuisce, ma non la dice….
Nessun commento:
Posta un commento