Sarà capitato a tutti almeno una volta nella vita di uscire una Domenica sera per un veloce aperitivo con un’amica alle cinque e mezza del pomeriggio con giusti giusti quindici dollari per due birre e qualcosa da sgranocchiare e tornare a casa all’una dopo aver bevuto 6-7 birre, essersi abbuffati come un bue e con 135 dollari in tasca.
Questo è quello che è capitato a grandi linee
a me e alla mia ex-collega Alina in Musswelbrook, ridente cittadina
dell’outback australiano di 23,500 abitanti tra le miniere e le fattorie
dell’Hunter Valley.
Serata delle grandi occasioni al pub di fronte
alla stazione, dove nel piccolo retro del locale si stava esibendo un duo
chitarra-voce, mentre, tra i fiumi di birra normalmente ingurgitati dagli
australiani, tipo sagra del paese, erano serviti, in cucina, pollo, salamelle,
e via dicendo.
Se sei una faccia sconosciuta in un paese così
e entri nel locale con una biondona di un metro e ottanta sicuramente non puoi
sperare di rimanere inosservato. E così mentre prendevamo posto nell’ultima
panchina infondo per sorseggiare la nostra birra e goderci un quarto d’ora di
musica non troppo male, ecco che da un tavolo di quattro ragazzi spunta fuori
la copia cattiva e tatuata di Justin Timberlake: “Hey guys! Would you like to
join us?”
Lo “sliding doors”. Non trovammo parole per
rifiutare.
Quattro minatori in libera uscita dopo 8 ore
di lavoro, ragazzi tra i 26 e i 30 anni che come molti sognano qui sono
riusciti a entrare nel dorato mondo delle miniere australiane. Perché qui i
minatori guadagnano cifre spropositate. 600 dollari al giorno (circa 500 euro
con il cambio attuale), con 4 giorni di pausa ogni 10 giorni di lavoro. E
questa deve essere la paga media, anche per quelli che, detto con le loro
parole, “puliscono i cessi”.
Ci eravamo appena seduti al tavolo con ricchi
giovani ventenni il cui unico modo di passare il tempo è quello di spendere più
soldi possibili al pub con gli amici.
Non appena saputo il nostro stipendio nella
farm (per guadagnare ciò che guadagnano loro in un giorno al netto io devo
lavorare 15 giorni) le birre hanno iniziato a piovere sul bancone senza neanche
sapere da che parte venissero. Probabilmente fino a quel momento il merito di
tutto era di Alina, ma poi a lei è venuto in mente, proprio mentre la band era
in pausa-cena, che io canto e suono la chitarra. E così in cinque secondi, mi
sono ritrovato catapultato su un palco sperduto dell’Outback australiano a
cantare When you say nothing at all, colonna sonora del celeberrimo film
Notthing Hill, di Ronald Keating, celeberrimo cantante australiano se non altro
per il fatto che è il giudice di punta dell’X FACTOR locale.
“Another one, italian!” “You rock!!!”
Se fosse stato per loro sarei ancora lì a
cantare su quel palco.
“You’re a legend, mate! The italian legend!”
questo è stato il coro unanime dei miei nuovi amici, dopo mezz’ora di
esibizione e dopo, penso, la decima birra, mentre tiravano fuori dalle tasche
pezzi da dieci, venti dollari e me li mettevano tra le mani, dicendo “te li
meriti”, “stasera ti offriamo tutto noi”, “non preoccuparti della macchina,
bevi, goditi la serata, e puoi stare a dormire da noi”.
Dopo i complimenti del proprietario del
locale, altri soldi da un elettricista e da qualcun altro, e un bambino
simpaticissimo che è passato di fianco salutando con la mano e sorridendo “I
see you playing, I see you playing!”, dopo fiumi di birra, (che intanto si era
trasformata a poco a poco in rum), dopo capriole, verticali, dolphins sulla piccola pista da ballo, si decide (o
meglio loro decidevano, noi li seguivamo. Il che fa un po’ pecoroni, ma
qualcosa devo aver assorbito lavorando ogni giorno con quegli animali) abbiamo
cambiato pub per ingozzarci di hamburgers e patatine.
Il problema principale è che loro dovevano
mangiare il più possibile in quanto il giorno dopo, al lavoro, come ogni
mattina, avrebbero avuto la “prova del palloncino” per accedere alla miniera e
il limite di tolleranza è molto rigido: zero.
Ma il vero problema è che, per quanto
bravissimi ragazzi, sono sempre minatori ubriachi abituati a lavorare 11 ore al giorno tra soli
uomini. Così Alina è venuta da me e mi ha detto:
“Mi raccomando, tu mi devi proteggere.”
Tre su quattro erano ex giocatori di rugby o
Football, il più basso era alto un metro e novanta, e un paio di loro avevano i
muscoli delle braccia grandi come entrambe le mie cosce.
“Va bene! Vediamo quello che possiamo fare!”
E così a fine serata, nove e un quarto di
sera, ci siamo fatti ospitare dal più piccolino fisicamente, o almeno quello
contro cui avrei avuto almeno la possibilità di resistere una decina di secondi
se fosse successo qualcosa.
Ma era una precauzione assolutamente inutile.
Non ce ne sarebbe mai stato bisogno. Dopo averci offerto tutto e di più,
trattati come amici di una vita, (o come “una leggenda”), ci è stato offerto
anche un letto e una televisione per darmi il tempo di smaltire l’alcol in
corpo e poter guidare.
Ma cosa ci fanno con tutti quei soldi questi
ragazzi?
Il ragazzo che ci ha ospitato l’anno scorso è
partito per il Sud America e ha girato per 9 mesi, lavorando per sfizio solo
due giorni, girando dappertutto e tornando con ancora qualche risparmio.
Un altro, invece, ha deciso di vivere quattro
settimane “da Re”, tra hotel, party di lusso, casinò.
“Ne è valsa la pena?”
“I don’t know. At least I have a lot of
stories to tell”.
La parola “risparmio” non esiste nel loro
vocabolario.
Sabato, invece, siamo andati a Newcastle, che
nella geografia australiana è sull’oceano Pacifico vicino a Toronto, a
un’oretta di macchina da Sydney e a due ore e mezza da qui, a goderci il primo
caldo torrido della stagione. L’estate qui, infatti, inizia Sabato prossimo, il
primo Dicembre, e le onde dell’oceano iniziano ad affollarsi di surfisti.
La cosa più divertente, però, è stata vedere
Alina guidare.
Figlia di un ingeniere Audi, sempre vissuta
nella cittadina dove l’azienda ha il suo polo principale di produzione,
abituata a una nazione dove in autostrada non ci sono limiti di velocità, penso
di non aver mai visto una donna così aggressiva al volante, guidare dietro un
vecchio pick-up che stava andando a
55 km/h su una strada il cui limite era 60.
Qui quei simpatici cartelli rotondi, bianchi
con la striscia rossa, con dentro uno strano numero, sempre maledettamente
troppo piccolo, non sono delle semplici decorazioni molto natalizie ai lati
della strada. Tutti li osservano scrupolosamente.
Il rispetto per gli artisti in generale e per
i cantanti di strada è comunque altissimo qui in Australia. Sabato pomeriggio,
vicino ad un piccolo bar della zona commerciale di Newcastle, dove eravamo
seduti oziosamente a sorseggiare un cappuccino, due ragazzi hanno iniziato a
suonare e cantare in mezzo alla strada. Immediatamente la musica del bar e di
tutti i negozi circostanti si è abbassata, diventando quasi impercettibile e
lasciando spazio ai due giovani per esprimersi al meglio.
Per alcuni aspetti (amicizia, ospitalità,
rispetto per gli artisti), con soli 200 anni di storia alle loro spalle, gli
Australiani hanno una cultura di gran lunga superiore rispetto a un paese come
il nostro che di anni alle spalle ne ha migliaia.
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